“ Io cederò il Mio
posto a chi vive nel
Mio Volere nel Suo Cuore Materno”
( Gesù a Luisa Piccarreta -
Vol. 36 - 28.12.1938 )
Mio Volere nel Suo Cuore Materno”
( Gesù a Luisa Piccarreta -
Vol. 36 - 28.12.1938 )
Novena del Santo Natale
nella Divina Volontà
nella Divina Volontà
Seguendo gli Scritti della Serva di Dio
Luisa Piccarreta la PFDV
Luisa Piccarreta la PFDV
(Scrive Luisa Piccarreta:)
Una Novena del
Santo Natale, circa l’età di diciassette anni, mi preparai alla festa del Santo
Natale praticando diversi atti di virtù e mortificazione e specialmente
onorando i nove mesi che Gesù stette nel seno materno, con nove ore di
meditazione al giorno, appartenente sempre al mistero dell’Incarnazione.
Primo
Giorno
Prima Ora = primo eccesso d’amore
Amore Trinitario
Amore Trinitario
In un’ora mi
portavo col pensiero nel Paradiso e mi immaginavo la SS. Trinità: il Padre che mandava il Figlio sulla terra,
il Figlio che prontamente ubbidiva al Volere del Padre, lo Spirito Santo che vi
consentiva. La mia mente si confondeva
nel mirare un sì grande mistero, un amore così reciproco, così eguale, così
forte tra Loro e verso gli uomini, e poi l’ingratitudine degli uomini e
specialmente la mia, che vi sarei stata non un’ora, ma tutto il giorno. Ma una voce interna mi diceva: “Basta; vieni e vedi altri eccessi più
grandi del mio amore”.
Stavo pensando - scrive Luisa Piccarreta - al grande amore quando il mio sommo
Bene Gesù s’incarnò nel seno dell’altezza della Sovrana Signora e, come una
creatura, sebbene senza macchia alcuna, poteva contenere un Dio? Ed il mio sempre amabile Gesù movendosi nel
mio interno mi ha detto:
“Figlia mia, la mia Mamma Celeste
possedeva la mia Volontà, n’era talmente piena che rigurgitava di luce, ma
tanto che le sue onde di luce s’innalzavano fin nel Seno della nostra Divinità,
e facendosi vincitrice colla potenza del nostro Voler Divino che possedeva,
vinse il Padre Celeste e nella sua luce rapì la Luce del Verbo, e Lo fece discendere
fin nel suo seno nella stessa luce che s’era formato in virtù della mia Volontà
Divina. Mai potevo scendere dal Cielo
se non trovavo in Lei la nostra stessa Luce, la nostra stessa Volontà regnante
in Lei; se ciò non fosse, sarebbe
scendere fin dal primo momento in casa estranea, invece Io dovevo scendere in
casa mia, dovevo trovare dove doveva scendere la mia Luce, il mio Cielo, le mie
gioie senza numero, e la Sovrana Celeste col possedere la mia Volontà Divina Mi
preparò questo soggiorno, questo Cielo, niente dissimile dalla Patria
Celeste; non è forse la mia Volontà che
forma il Paradiso di tutti i Beati?
Onde come la Luce del mio Fiat
Mi tirò nel suo seno e la Luce del Verbo discese, le luci si tuffarono insieme
e la Vergine pura, Regina e Madre, con poche gocce di sangue che fece scorrere dal suo Cuore
ardente, formò il velo della mia Umanità intorno alla Luce del Verbo, La
racchiuse dentro; ma la mia Luce era
immensa, e mentre la mia Mamma Divina racchiuse la sua sfera[2]
dentro il velo della mia Umanità che Mi formò, non potette contenere i
raggi. Essi straripavano fuori, e più
che sole - che dall’altezza della sua sfera quando sorge spande i suoi raggi
sulla terra per rintracciare le piante, i fiori, il mare, le creature tutte,
per dare a tutti gli effetti che contiene la sua luce, e come trionfante
dall’altezza della sua sfera guarda il bene che fa e la vita che infonde in
ciascuna cosa che investe - così feci Io;
più che sole che sorge, da dentro il velo della mia Umanità i raggi che
straripavano fuori andavano rintracciando tutte le creature, per dare a
ciascuna la mia Vita ed i beni che ero venuto a portare sulla terra.
Questi raggi da dentro la mia sfera battevano ad ogni cuore,
picchiavano forte per dirgli:
‘Apritemi, prendete la vita che son venuto a portarvi’. Questo mio sole non tramonta mai e continua
ancora a fare la sua via spandendo i suoi raggi, picchiando e ripicchiando il
cuore, la volontà, le menti delle creature per dare la mia Vita. Ma quanti Mi chiudono le porte e giungono a
ridersi della mia Luce? Ma è tanto il
mio amore che con tutto ciò non Mi ritiro, continuo il mio sorgere continuo,
per dar vita alle creature”.
Dopo di ciò - continua Luisa - stavo seguendo il mio giro nel Voler Divino ed
il mio amato Gesù ha soggiunto:
“Figlia mia, ogni profezia che facevo ai
miei Profeti della mia venuta sulla terra, era come un compromesso che facevo
alle creature, di venire in mezzo a loro, ed i Profeti manifestandole
disponevano i popoli a desiderare e volere un tanto bene; ed essi, nel riceverle queste profezie,
ricevevano il deposito del compromesso, ed a seconda che andavo manifestando il
tempo ed il luogo della mia nascita, così andavo aumentando la caparra del
compromesso. Così sto facendo del Regno
della mia Volontà; ogni manifestazione
che faccio che riguarda il mio Fiat
Divino è un compromesso che faccio, ogni sua conoscenza è una caparra di più
che aggiungo, e se faccio i miei compromessi è segno che come venne il Regno
della Redenzione, così verrà il Regno della mia Volontà. Le mie parole sono vite che metto fuori di
Me, e la vita deve avere il suo soggiorno e produrre i suoi effetti. Credi tu che sia cosa da nulla una
manifestazione di più o una di meno? È
un compromesso di più che fa un Dio, ed i nostri compromessi non possono andar
perduti, e quanti più compromessi facciamo, tanto più è vicino il tempo di
realizzare i nostri compromessi e di metterli tutti al sicuro. Perciò richiedo da te somma attenzione e che
nulla ti faccia sfuggire, altrimenti ti faresti sfuggire un compromesso divino,
il che porterebbe delle conseguenze”.
Volume 15 - Aprile
14, 1923
[…] (Gesù a Luisa:) “Tu devi sapere che quando voglio fare opere grandi, opere a cui
tutta l’umana famiglia deve prendere parte - sempre che il volesse! - è mio
solito di accentrare in una sola creatura tutti i beni, tutte le grazie che
questa opera contiene, affinché tutti gli altri, come a fonte, possano
attingere quel bene quanto ne vogliano.
Quando faccio opere individuali do cose limitate, invece quando faccio
opere che devono servire al bene generale, do cose senza limite. Ciò feci nell’opera della Redenzione: per poter elevare una creatura a concepire
un Uomo e Dio, dovetti accentrare in Lei tutti i beni possibili ed
immaginabili, dovetti elevarla tanto, da mettere in Lei il Germe della stessa
fecondità Paterna, e come il mio Celeste Padre Mi generò vergine nel suo Seno,
col Germe verginale della sua fecondità eterna, senza opera di donna, ed in
questo stesso Germe procedette lo Spirito Santo, così la mia Celeste Mamma, con
questo Germe eterno, tutto verginale della fecondità Paterna, Mi concepì nel
suo seno vergine, senza opera d’uomo.
La Trinità Sacrosanta dovette dare del
suo a questa Vergine Divina per poter concepire Me, Figlio di Dio. Mai la mia Santa Mamma poteva concepirmi,
non avendo Lei nessun germe. Ora,
siccome Lei era della razza umana, questo Germe della fecondità eterna diede
virtù di concepirlo uomo, e siccome il Germe era divino, nel medesimo tempo Mi
concepì Dio. E siccome nel generarmi,
il Padre, nel medesimo tempo procedette lo Spirito Santo, così nel medesimo
tempo che generai nel seno della mia Mamma, procedette la generazione delle anime. Sicché tutto ciò che ab aeterno successe
alla Santissima Trinità in Cielo, ripete nel seno della cara Mamma mia.
L’opera era grandissima ed incalcolabile
a mente creata; doveva accentrare tutti
i beni ed anche Me stesso per fare che tutti potessero trovare ciò che
volevano. Perciò dovendo essere l’opera
della Redenzione tanto grande da travolgere tutte le generazioni, volli per
tanti secoli le preghiere, i sospiri, le lacrime, le penitenze di tanti
Patriarchi e Profeti e di tutto il popolo dell’Antico Testamento, e ciò feci
per disporli a ricevere un tanto bene, e per muovermi ad accentrare in questa
Celeste Creatura tutti i beni che tutti dovevano fruire. Ora, che moveva a pregare, a sospirare,
eccetera, questo popolo? La promessa
del futuro Messia! Questa promessa era
come il germe di tante suppliche e lacrime.
Se non ci fosse questa promessa, nessuno si sarebbe dato pensiero,
nessuno avrebbe sperato salvezza.
Ora, figlia mia, veniamo alla mia
Volontà. Tu credi che sia una Santità
come le altre santità? Un bene, una
grazia quasi pari alle altre che ho fatto per tanti secoli agli altri Santi ed
a tutta la Chiesa? No, no! Qui si tratta d’una epoca nuova, d’un bene
che deve servire a tutte le generazioni!
Ma è necessario che tutto questo bene l’accentri primo in una sola, come
feci nella Redenzione accentrando tutto nella mia Mamma. E vedi un po’ come le cose vanno pari
passo: per far venire la Redenzione e
disporre le anime a questo, feci la promessa del futuro Messia, affinché con lo
sperarlo non solo si disponessero, ma potessero trovare anche essi nel futuro
Redentore la loro salvezza. Ora, per
disporre le anime a vivere nel mio Volere e metterle a parte dei beni che Esso
contiene e fare ritornare l’uomo sulla via della sua origine, come da Me fu
creato, volli Io pregare per primo, facendo risuonare la mia voce da un punto
all’altro della terra fin nell’alto del Cielo dicendo: “Padre nostro che sei nei Cieli”. Non dissi:
‘Padre mio’, ma Lo chiamai Padre di tutta l’umana famiglia, per
impegnarlo in ciò che doveva soggiungere:
‘Che tutti santifichino il tuo Nome, affinché venga il Regno tuo sulla
terra, e la tua Volontà si faccia come in Cielo così in terra’. Era questo lo scopo della Creazione, ed Io
chiedevo al Padre che fosse compiuto.
Come Io pregai, il Padre cedette alle mie suppliche, e formai il germe
d’un tanto bene. E per fare che questo
germe fosse conosciuto, insegnai agli Apostoli la mia preghiera, e questi la
trasmisero a tutta la Chiesa, affinché, come il popolo del futuro Redentore
trovavano la salvezza in Esso e si disponevano a ricevere il promesso Messia, così
con questo germe formato da Me la Chiesa prega e ripete tante volte la stessa
mia preghiera, e si dispone a ricevere che riconoscano ed amino il mio Celeste
Padre come Padre loro, in modo da
meritare d’essere amati da figli e
ricevano il gran bene che la mia Volontà si faccia come in Cielo così in terra.
Gli stessi Santi in questo germe ed in
questa speranza che la mia Volontà si faccia come in Cielo così in terra, hanno
formato la loro santità, il martire ha sparso il suo sangue; non c’è bene che da questo germe non
derivi. Sicché tutta la Chiesa
prega. E così come le lacrime, le penitenze,
le preghiere per avere il Messia erano dirette per quella Vergine eccelsa che
dovevo disporre per accentrare un tanto bene per poter gli uomini dell’Antico
Testamento ricevere il loro Salvatore, sebbene non conoscevano chi fosse quella
Vergine eccelsa, così ora, la Chiesa quando recita il Pater Noster è proprio
per te [Luisa] che prega, per far sì che Io accentri in te tutto il bene che
contiene il mio Volere, il modo, il come che la Volontà Divina abbia vita in
terra come in Cielo. E sebbene non sei
conosciuta, la Chiesa, facendo eco alla mia preghiera: ‘Sia fatta la Volontà tua come in Cielo così
in terra’, Mi prega, Mi pressa che accentri tutto questo bene in una seconda
Vergine, affinché, come un’altra salvatrice, salvi l’umanità pericolante, e, facendo
uso del mio inseparabile Amore e Misericordia, Io esaudisca la mia stessa
preghiera unita a quella di tutta la Chiesa, ed Io faccia ritornare l’uomo alla
sua origine, allo scopo con cui l’ho creato, cioè: che la mia Volontà si
faccia in terra come in Cielo. E’
questo proprio il vivere nel mio Volere;
tutto ciò che ti vado manifestando a questo ti spinge; in questo ti confermo; questo è il gran fondamento che vado
formando nell’anima tua. E per far ciò,
vo accentrando tutte le grazie passate, presenti e future che ho fatto a tutte
le generazioni; anzi, le raddoppio, le
moltiplico, perché essendo il mio Volere la cosa più grande, più santa, più
nobile, che non ha né principio né fine, per deporlo in una creatura è giusto e
decoroso che accentri in essa tutti i beni possibili, grazie innumerevoli,
purità e nobiltà divina, affinché abbia lo stesso corteggio che tiene nel
Cielo, questa mia Volontà. E’ la stessa
che operò nella Redenzione, che volle servirsi d’una Vergine; quali portenti e prodigi di grazie non operò
in Essa? La mia Volontà, Lei è grande, contiene tutti i beni e nell’operare
agisce da magnanima! E se si tratta
di fare opere, di fare bene a tutta l’umanità, mette a repentaglio tutti i suoi
beni!
Ora
vuol servirsi d’una altra vergine per accentrare la sua Volontà e dar principio a far conoscere che la sua Volontà si faccia in terra come in
Cielo. E se nella Redenzione volle venire a salvare l’uomo perduto, a
soddisfare le sue colpe - cui lui era impotente di farlo -, a dargli un rifugio e tant’altri beni che
la Redenzione contiene, ora, la mia
Volontà, volendo sfoggiare più in Amore che nella stessa Redenzione, col fare
che si faccia in terra come in Cielo viene a dare all’uomo il suo stato
d’origine, la sua nobiltà, lo scopo con cui fu creato, viene ad aprire la
corrente tra la Volontà sua e l’umana, in modo che assorbita da questa Volontà
Divina, dominata, le darà vita in Essa e Lei regnerà in terra come in Cielo”.
Preghiera
‘Vieni, o Voler Supremo, a regnare sulla terra,
investi tutte le generazioni, vinci e conquidi tutti!’
(Vol. 35 - Novembre 20, 1937)
Secondo
Giorno
Seconda Ora = secondo eccesso d’amore
Amore Annichilito
Amore Annichilito
Quindi la mia
mente si portava nel seno materno e rimanevo stupita nel considerare quel Dio
sì grande nel cielo, ora così annichilito, impiccolito, ristretto, che non
poteva muoversi e quasi neppure respirare. La voce interna mi diceva: “Vedi quanto ti ho amato? Deh, dammi un po’ di largo nel tuo
cuore, togli tutto ciò che non è mio, che così mi darai più agio a potermi
muovere ed a farmi respirare”.
Il mio cuore si
struggeva; gli chiedevo perdono, promettevo d’essere tutta sua, mi sfogavo in
pianto. Ma però, lo dico a mia confusione, che ritornavo ai miei soliti
difetti. O Gesù, quanto siete stato buono con questa misera creatura!
Dal Libro
di Cielo
Volume 8 - Dicembre 25, 1908
Volume 8 - Dicembre 25, 1908
(Gesù:) “Figlia mia, il miglior modo per farmi
nascere nel proprio cuore è vuotarsi di tutto, perché trovando il vuoto posso
mettervi tutti i miei beni, ed allora posso rimanervi per sempre se c’è luogo
per potervi trasportare tutto ciò che mi appartiene, tutto il mio, in
essa. Una persona che andasse ad abitare
in casa di un’altra persona, allora si potrebbe chiamare contenta, quando in
quella casa trovasse vuoto per poter mettere tutte le cose sue, altrimenti si
renderebbe infelice. Così sono Io.
La seconda cosa per farmi nascere e accrescere la mia felicità
è che tutto ciò che l’anima contiene, sia interno che esterno, tutto dev’essere
fatto per Me, tutto deve servire per onorarmi, per seguire i miei ordini. Se anche una sola cosa, un pensiero, una
parola, non è per Me, Io Mi sento infelice, e dovendo far da padrone, Mi rendono
schiavo; posso Io tollerare tutto
questo?
La terza è amore eroico, amore ingrandito, amore di sacrifizio. Questi tre amori faranno crescere in modo
meraviglioso la mia felicità, perché si esibisce l’anima ad opere superiori
alle sue forze, facendole con la sola mia Forza; ingrandiranno la mia felicità col fare che non solo essa, ma
anche gli altri Mi amino; e giungerà a
sopportare qualunque cosa, anche la stessa morte, per poter trionfare in tutto
e potermi dire: ‘Non ho più niente,
tutto è solo l’amore per Te’.
Questo modo non solo Mi farà nascere, ma Mi farà crescere e
Mi formerà un bel Paradiso nel proprio cuore”.
Volume 17 - Dicembre
24, 1924
[…] (Scrive Luisa:) Mi son sentita fuori di me stessa, dentro
d’una luce purissima, ed in questa luce scorgevo la Regina Mamma ed il piccolo
Bambino Gesù nel suo seno verginale.
Oh, Dio, in che stato doloroso Si trovava il mio amabile
Bambinello! La sua piccola Umanità era
immobilizzata, stava coi piedini e manine immobili, senza il più piccolo moto; non c’era spazio né per poter aprire gli
occhi, né per poter liberamente respirare;
era tanta l’immobilità che sembrava morto, mentre era vivo. Pensavo tra me: “Chi sa quanto soffre il mio Gesù in questo stato, e la diletta
Mamma nel vederlo nel suo proprio seno, così immobilizzato, l’infante
Gesù!” Ora, mentre ciò pensavo, il mio
piccolo Bambinello, singhiozzando, mi ha detto:
“Figlia mia, le pene che soffrii in questo seno verginale
della mia Mamma sono incalcolabili a mente umana. Ma sai tu quale fu la prima pena che soffrii nel primo atto del
mio Concepimento e che Mi durò tutta la vita?
La pena della morte. La mia
Divinità scendeva dal Cielo pienamente felice, intangibile da qualunque pena e
da qualsiasi morte. Quando vidi la mia
piccola Umanità, per amor delle creature soggetta alla morte ed alle pene,
sentii così al vivo la pena della morte, che per pura pena sarei morto davvero
se la potenza della mia Divinità non Mi avesse sorretto con un prodigio,
facendomi sentire la pena della morte e la continuazione della vita. Sicché per Me fu sempre morte: sentivo la morte del peccato, la morte del
bene nelle creature, ed anche la loro morte naturale. Che duro strazio fu per Me tutta la mia Vita! Io, che contenevo la Vita e ne ero il
Padrone assoluto della stessa vita, dovevo assoggettarmi alla pena della
morte! Non vedi tu la mia piccola
Umanità immobile e morente nel seno della mia cara Madre? E non la senti tu, in te stessa, quanto è
dura e straziante la pena di sentirsi morire e non morire? Figlia mia, è il tuo vivere nella mia
Volontà che ti fa parte della mia continua morte della mia Umanità”.
Onde - continua Luisa
- me la son passata quasi tutta la
mattina vicino al mio Gesù nel seno della mia Mamma, e Lo vedevo che mentre
stava in atto di morire, riprendeva vita per abbandonarsi di nuovo a
morire. Che pena vedere in quello stato
l’Infante Gesù...!
Preghiera
Ti
seguiamo Divina Volontà nel Concepimento del Verbo e facciamo compagnia al
piccolo Prigioniero Gesù nel seno della Mamma sua.
Caro mio piccino Gesù, voglio portare la vita
della tua Volontà nell’angusto carcere della tua prima dimora sulla terra, per
diradare le tenebre in cui Ti trovi;
voglio imprimere il mio bacio, il mio Ti amo, sulle tenere tue
membra costrette all’immobilità, per chiederti, per i meriti di queste tue
stesse sofferenze, che il tuo Voler Divino abbia moto nelle creature e,
mediante la sua luce, ponga in fuga la notte dell’umano volere e formi il
giorno perenne del tuo FIAT.
Amabile mio Bimbo, se non Ti lasci vincere da me
adesso che sei piccino, dimmi almeno:
quando sarà che io potrò conquistare il Regno della tua Volontà
Divina?
(Da: Il Pio Pellegrinaggio dell’anima
nell’Operato della Divina Volontà – Nona Ora)
nell’Operato della Divina Volontà – Nona Ora)
Terzo
Giorno
Terza Ora = terzo eccesso d’amore
Amore Divorante
Amore Divorante
Una voce
interna mi diceva: “Figlia mia, poggia la tua testa sul seno della mia Mamma; guarda fin dentro di esso la mia piccola
Umanità. Il mio Amore mi divorava; gli
incendi, gli oceani, i mari immensi dell’Amore della mia Divinità mi
inondavano, mi incenerivano, alzavano tanto le loro vampe che si alzavano e si
estendevano ovunque, a tutte le generazioni, dal primo all’ultimo uomo, e la
mia piccola Umanità era divorata in mezzo a tante fiamme. Ma sai tu che cosa il
mio Eterno Amore mi voleva far divorare? Ah, le anime! E allora fui contento,
quando le divorai tutte, restando con me concepite. Ero Dio: dovevo operare da Dio, dovevo prendere tutte; il mio
Amore non mi avrebbe dato pace, se avessi escluso qualcuna... Ah, figlia mia,
guarda bene nel seno della mia Mamma; fissa bene gli occhi nella mia Umanità
concepita e vi troverai l’anima tua concepita con me, le fiamme del mio Amore
che ti divorarono. Oh, quanto ti ho amato e ti amo!”
Io mi sperdevo
in mezzo a tanto amore, né sapevo uscirmene;
ma una voce mi chiamava forte, dicendomi: “Figlia mia, ciò è
nulla ancora. Stringiti più a me; dà le tue mani alla mia cara Mamma, affinché
ti tenga stretta sul suo seno materno, e tu dà un altro sguardo alla mia
piccola Umanità concepita e guarda il quarto eccesso del mio Amore”.
Dal Libro
di Cielo
Volume 34 - Aprile 21, 1936
Volume 34 - Aprile 21, 1936
[…]
Seguivo gli atti della Divina Volontà - scrive Luisa -, ed Essa mi portava nelle sue braccia, mi
sosteneva, mi fiatava per farmi ricevere la partecipazione degli atti
suoi. Quindi sono giunta nell’atto del
Concepimento della Vergine, ed io mi son trovata nel piccolo Cuore della
Vergine concepita. Mio Dio, io non so
dire, non so andare più avanti! Ma il
mio dolce Gesù, per farmi comprendere mi ha detto:
“Figlia benedetta del mio Volere, hai ragione, le onde del
mio Volere ti inondano, ti affogano e la tua piccola capacità si sta sperduta,
e ci vuole il tuo Gesù per spiegarti meglio ciò che tu vedi ma non sai
dire. Or sappi, figlia mia, è tale e
tanto il nostro amore per chi vuol vivere e vive nel nostro Voler Divino, che
la vogliamo far partecipe di tutte le opere nostre, per quanto a creatura è
possibile, dandole anche il merito delle nostre opere divine.
Come la creatura entra nella nostra Volontà, Essa chiama in
atto il suo operato divino come se in quell’istante lo stesse operando, ed
immedesimandola nell’atto suo, le fa vedere i prodigi del suo operato, e le fa
ricevere e la conferma nel bene facendole sentire la nuova vita dell’atto
suo. Tu hai visto il Concepimento della
Sovrana Regina e come tu, stando nella mia Volontà, ti sei trovata concepita
nel suo Materno Cuore; vedi la gran
differenza per chi vive nel mio Volere?
I prodigi dell’Immacolato Concepimento furono inauditi. La mia Volontà che animava questo
Concepimento - perché nessuno può sfuggire da Essa -, chiamò presenti tutte le
creature, perché restassero concepite nel suo Vergine Cuore e ricevessero la
sua maternità, il suo aiuto, la sua difesa, trovassero il rifugio, l’appoggio
in questa Madre Celeste.
Ora, chi vive nel nostro Volere si trova nell’atto che Maria
SS. è concepita, è la figlia che, spontanea, di sua volontà, cerca la Mamma sua
e prende il suo posto, si chiude nel suo Materno Cuore per farsi fare da Mamma
dalla Celeste Regina. Ora, questa
prenderà parte alle ricchezze della Sovrana Regina, ai suoi meriti, al suo
amore; sentirà in sé la nobiltà, la
santità di Lei, perché conosce a chi appartiene, e Iddio la renderà partecipe
dei beni infiniti e dell’amore esuberante che ebbe nel Concepimento di questa
Santa Creatura. E così di tutte le
nostre opere: come la creatura le
cerca, le chiama nella nostra Volontà per conoscerle ed amarle, Noi chiamiamo
in atto le opere nostre, la mettiamo nel centro di esse, le facciamo sentire e
provare tutto il nostro amore, la potenza della nostra forza creatrice, e la
piccolezza della creatura subisce, si riempie fino a non poterne più contenere.
Figlia mia, non far partecipe delle nostre opere chi vive
nella nostra Volontà Ci riesce impossibile, né sarebbe vero amore il nostro,
perché Noi possediamo in natura la forza comunicativa e vorremo comunicare a
tutti i nostri beni divini; sono le
creature che Ce li respingono, ma per chi vive nel nostro Volere sfoggiamo nel
comunicare i nostri beni, non troviamo in essa nessuna opposizione. E se ciò non fosse incepperemmo il nostro
Essere Divino; anzi, è una delle nostre
felicità amare, dare, abbondare alle nostre amate creature.
Ora vedi dunque la gran differenza di chi vive nella nostra
Volontà: le altre creature si trovano
nelle nostre opere, nel Concepimento della Vergine Santa, nell’Incarnazione del
Verbo, nelle mie pene, nella mia morte e fin nella mia Resurrezione, ma si
trovano in virtù della nostra Potenza ed Immensità, quasi direi per necessità,
non per amore né perché conoscono i nostri beni ed amano di fare il loro
soggiorno in essi per goderseli;
affatto! È perché dal nostro Essere
Divino nessuno può sfuggire! Mentre chi
vive nel nostro Volere, è la creatura che cerca le nostre opere, le conosce, le
ama, le apprezza e viene a prendere il suo posto dentro di esse, ed ama ed
opera insieme con Noi, quindi, di conseguenza partecipa, acquista nuove
conoscenze e nuovo amore; mentre le
altre, stanno e non le conoscono, non Ci amano, non hanno una parola da
dirci; se si potesse dire, stanno per
ingombrare la nostra immensità e, molte, per offenderci.
Perciò è il nostro sospiro ardente che l’anima viva nel
nostro Volere. Noi teniamo sempre da
dare e da fare sempre con essa, ed essa tiene da fare insieme con Noi; non ci diamo il tempo, un atto chiama
l’altro, e ci conosciamo abbastanza: la
nostra Volontà prima Ci fa conoscere, Ci fa amare e poi forma l’unione perenne
della creatura nella nostra Volontà”.
Continua la Novena del Santo Natale
- scrive Luisa - e continuando a
sentire i nove eccessi dell’Incarnazione,
il mio amato Gesù mi ha tirata a Sé, e mi faceva vedere che ogni eccesso del
suo Amore era un mare senza confine, ed in questo mare s’innalzavano onde altissime,
nelle quali si vedevano scorrere tutte le anime divorate da queste fiamme, come
i pesci scorrono nelle acque del mare, e come le acque del mare formano la vita
dei pesci, la guida, la difesa, il cibo, il letto, il palleggio di questi
pesci, tanto che se escono dal mare possono dire: ‘La nostra vita è finita perché siamo usciti dalla nostra eredità, dalla patria dataci dal nostro
Creatore’. Così queste onde altissime
di fiamme, che uscivano da questi mari di fuoco, col divorare queste creature,
volevano essere la vita, la guida, la difesa, il cibo, il letto, il palleggio,
la patria delle creature, e come esse escono da questo mare d’amore, tutto d’un
colpo trovano la morte, ed il piccolo Bambinello Gesù piange, geme, prega,
grida e sospira che non vuole che nessuno esca da queste sue fiamme
divoratrici, perché non vuol vedere nessuno morire. Oh! se il mare avesse ragione, più che tenera madre
rimpiangerebbe i suoi pesci che gli strappano dal mare, perché si sente
strappare una vita che possiede e con tanto amore conserva, e colle sue onde si
scaglierebbe contro chi ardisse di strappargli le tante vite che possiede, che
formano la sua ricchezza, la sua gloria.
“E se non piange il mare piango Io - dice Gesù - nel vedere che mentre
il mio Amore ha divorate tutte le creature, esse ingrate, non vogliono far vita
nel mio mare d’amore, ma strappandosi dalle mie fiamme, si esiliano dalla mia
patria e perdono il palleggio, la
guida, la difesa, il cibo, il letto, ed anche la vita. Come non devo piangere? Sono uscite e create da Me, e divorate dalle
mie fiamme d’amore che ebbi nell’incarnarmi, per amore di tutte le creature! Come sento narrarmi i novi eccessi, il mare
del mio Amore si gonfia, bolle e formando onde altissime strepita tanto che
vorrebbe assordare tutti, affinché null’altro potessero sentire che i miei
gemiti d’amore, i miei gridi di dolore, i miei singhiozzi ripetuti che dicono: ‘Non Mi fate più piangere, diamoci il bacio
di pace, amiamoci e saremo tutti felici, il Creatore e la creatura’”.
Gesù ha fatto silenzio ed in questo
mentre vedevo il cielo aperto ed un raggio di sole scendere dall’alto, che fissandosi
sopra di me illuminavano quanti mi stavano intorno. Ed il mio sempre amabile Gesù ha ripreso il suo dire:
“Figlia del mio Volere, questo raggio di
Sole che si è fissato sopra di te è la mia Divina Volontà, che ti porta la vita
del Cielo nell’anima tua. Com’è bello
questo raggio di Sole che non solo illumina te e ti porta la sua vita, ma
chiunque a te si avvicina e si resta d’intorno, sente la vita della luce, perché
Essa come sole si allarga d’intorno, e dà a quelli che ti circondano il caldo
bacio di luce, il suo respiro, la sua vita, ed Io Mi sento felice dentro di te,
nel vedere che la mia Divina Volontà si diffonde ed incomincia a battere la sua
strada. Vedi i mari d’amore che tu hai visto, non sono altri che la mia
Volontà operante: quando la mia Volontà
vuole operare i mari del mio Amore si gonfiano, bollono, formano le sue onde
altissime che piangono, gemono, gridano, pregano, assordano. Invece quando il mio Fiat non vuole
operare, il mare del mio Amore è calmo, solo mormora quietamente, è continuo il
suo corso di gioia e di felicità inseparabile da Esso. Perciò tu non puoi comprendere la gioia che
provo, la felicità che sento e l’interesse che prendo, d’illuminare, di porgere
la mia stessa parola, il mio stesso Cuore, per chi si occupa di far conoscere
la mia Divina Volontà; è tanto il mio
interesse, che lo coinvolgo in Me, e straripando Io fuori di lui, prendo Io la
parola e parlo Io stesso della mia Volontà operante nel mio Amore. Credi tu che sia il tuo Confessore che parla
in queste sere che sta parlando al pubblico sopra dei nove eccessi del mio amore?
Son’Io che gli prendo il cuore fra le mie mani e lo faccio parlare”.
Ma mentre ciò diceva - continua a scrivere Luisa - si dava la benedizione
[Sacramentale], e Gesù ha soggiunto:
“Figlia, ti benedico. Tutto è felicità per Me quando si tratta di
fare un mio atto sopra di chi possiede la mia Divina Volontà, perché se ti
benedico la mia benedizione trova il posto dove mettere i beni e gli effetti
che contiene la mia benedizione, se ti amo, il mio amore trova nel mio Fiat in te il posto dove mettersi e
svolgere la sua vita d’amore; perciò
ogni cosa che faccio sopra di te, in te, e con te, è una felicità che sento,
perché so che la mia Divina Volontà tiene luogo per tutto ciò che ti voglio
dare e virtù di moltiplicare i beni che ti do, perché Essa è la nostra
faccendiera e si occupa di formare tante vite per quanti atti facciamo con la
creatura dov’Essa regna”.
Dopo di ciò stavo facendo il mio giro nel
Fiat Divino, e riandando ai primi tempi della Creazione, per unirmi agli
atti fatti dal nostro padre Adamo nello stato d’innocenza, per unirmi con lui e
seguire dove lui lasciò. Ed il mio
amato Gesù movendosi nel mio interno mi ha detto:
“Figlia mia, nel creare l’uomo diede un
universo visibile dove doveva spaziarsi, vedere le opere del suo Creatore fatte
con tant’ordine ed armonia fatte per amor suo, ed in questo vuoto fare anche le
opere sue; e come le diede un vuoto visibile,
così le diede un vuoto invisibile, più bello ancora per l’anima sua, dove
l’uomo doveva formare le sue opere sante, il suo sole, il suo cielo, le sue
stelle, e facendo eco al suo Creatore, doveva riempire questo vuoto di tutte le
opere sue. Ma siccome l’uomo scese
dalla mia Divina Volontà per vivere dalla sua, perdette l’eco del suo Creatore,
ed il modello di poter copiare le nostre opere. Quindi si può dire che non ci sono altro in questo vuoto che i
primi passi dell’uomo, tutto il resto è vuoto, e pure dev’essere riempito, e
perciò aspetto con tant’amore chi vive e deve vivere nel mio Volere, che
sentendo la potenza del nostro eco, ed avendo presente i nostri modelli, si
affretteranno a riempire questo vuoto invisibile, che con tanto amore diede
nella Creazione. Ma sai tu qual’è questo
vuoto? La nostra Volontà. Come diede un cielo, un sole alla natura,
così diede il cielo, il sole del mio Fiat all’anima. E quando ti vedo mettere i tuoi passi appresso ai passi
dell’Adamo innocente dico: ‘Ecco
finalmente il vuoto della mia Divina Volontà incomincia a ricevere le prime
conquiste e le prime opere della creatura’.
Perciò sii attenta e segui sempre il tuo volo nel mio Volere Divino”.
Volume 35 - Aprile 10, 1938
- Luisa scrive: - Avendo fatto la Santa Comunione stavo
dicendo al mio amabile Gesù:
(Preghiera)
“Nel tuo Volere tutto
è mio, perciò Ti amo coll’amore della mia e tua Mamma Regina, Ti bacio colle
sue labbra, Ti abbraccio stretto stretto colle sue braccia, e prendo Te e mi rifugio
nel suo Cuore per darti le sue gioie, le sue delizie, la sua maternità,
affinché trovi le dolcezze, la custodia che ti sa fare la tua Mamma”.
Ma mentre mi chiudevo insieme con Gesù nella mia Mamma, il
dolce Gesù tutto tenerezza mi ha detto:
“Figlia mia e figlia della Madre mia, come son contento di
trovare la figlia colla mia Madre e la Mamma colla figlia! Perché Lei vuole che le creature Mi amino
col suo stesso amore e si servano della sua bocca per baciarmi e delle sue braccia
per abbracciarmi; vuol dar loro la sua
maternità per mettermi al sicuro e farmi fare da mamma. Trovare la Madre e la figlia che Mi amano
con un solo amore è per Me il più gran contento, sento che ambedue Mi danno un
nuovo Paradiso in terra. Ma ciò non Mi
basta; in chi vive nella mia Volontà
voglio trovare tutto, se manca qualche cosa non posso dire che tutto è completo
nella creatura. E non solo voglio trovare
al suo posto d’onore, di Regina e di Madre, in essa, la Madre mia, ma voglio
trovare il mio Celeste Padre e lo Spirito Santo; e l’anima facendo suo il loro amore Mi ama coll’immensità ed
infinità del loro amore. Quindi, figlia
mia, dammi il gusto di dirmi che Mi ami come Mi amo col Padre e collo Spirito
Santo”.
Gesù ha fatto silenzio per aspettare che Gli dicessi come
Lui voleva; ed io, sebbene indegna, per
contentarlo Gli ho detto:
(Preghiera)
“Ti amo nella potenza
ed amore immenso del Padre, coll’amore interminabile dello Spirito Santo; Ti amo coll’amore con cui Ti amano tutti,
Angeli e Santi; Ti amo con quell’amore
con cui Ti amano o dovrebbero amarti tutte le creature presenti, passate e
future; Ti amo per tutte le cose create
e con quell’amore con cui le creasti...”
Il caro Gesù ha tirato un lungo sospiro ed ha soggiunto: “Finalmente Mi sento appagate le mie brame
di trovare tutto nella creatura: trovo
i nostri mari d’amore che non finiscono mai;
trovo le delizie della mia Mamma che Mi ama; trovo tutto e tutti.
Sicché in chi vive nella mia Volontà devo trovare tutto e tutti, e la
devo trovare in tutti. E poi, il mio
Padre Celeste Mi generò nell’amore e chi Mi ama e non si fa sfuggire nulla del
nostro amore, Me la sento con Me, in atto di darmi e di ricevere amore continuo”.
Quarto
Giorno
quarta Ora = quarto eccesso d’amore
Amore Operante
Amore Operante
“Figlia mia,
dall’Amore divorante passa a guardare il mio Amore operante.
Ogni anima
concepita mi portò il fardello dei suoi peccati, delle sue debolezze e passioni,
ed il mio Amore mi comandò di prendere il fardello di ciascuna; e non solo le
anime concepii, ma le pene di ciascuna, le soddisfazioni che ognuna di esse
doveva dare al mio Celeste Padre. Sicché la mia Passione fu concepita insieme
con me.
Guardami bene nel
seno della mia Celeste Mamma. Oh, come la mia piccola Umanità era straziata!
Guarda bene come la mia piccola testolina è circondata da un serto di spine,
che cingendomi forte le tempie mi fanno mandare fiumi di lacrime dagli
occhi; né potevo muovermi per
asciugarle. Deh, muoviti a compassione
di me! Asciugami gli occhi dal tanto piangere, tu che hai le braccia libere per
potermelo fare! Queste spine sono il serto dei tanti pensieri cattivi che si
affollano nelle menti umane. Oh, come mi pungono, più delle spine che germoglia
la terra!
Ma guarda ancora
che lunga crocifissione di nove mesi:
non potevo muovere né un dito, né una mano, né un piede; ero qui sempre
immobile, non c’era posto per potermi muovere un tantino. Che lunga e dura
crocifissione, con l’aggiunta che tutte le opere cattive, prendendo forma di
chiodi, mi trafiggevano mani e piedi ripetutamente”.
E così
continuava a narrarmi pena per pena tutti i martiri della sua piccola Umanità,
che a volerli dire tutti sarei troppo lunga.
Onde io mi abbandonavo al pianto e mi sentivo dire nel mio interno: “Figlia mia, vorrei abbracciarti, ma non posso, non c’è lo spazio,
sono immobile, non lo posso fare; vorrei venire a te, ma non posso camminare.
Per ora abbracciami e vieni tu a me; poi, quando uscirò dal seno materno, verrò
Io a te”.
Ma mentre con
la mia fantasia me Lo abbracciavo, me Lo stringevo forte al cuore, una voce
interna mi diceva: “Basta per ora, figlia mia, e passa a
considerare il quinto eccesso del mio Amore”.
Dal Libro
di Cielo
Volume 12 - Marzo 18, 1919
Volume 12 - Marzo 18, 1919
Il mio sempre amabile Gesù, facendosi vedere - scrive Luisa -, mi ha tirata
nell’immensità del suo Santissimo Volere, in cui faceva vedere come in atto il
suo Concepimento nel seno della Mamma Celeste.
Oh, Dio, che abisso d’amore! Ed
il mio dolce Gesù mi ha detto:
“Figlia del mio Volere, vieni a prendere parte alle prime
morti ed alle pene che soffrì la mia piccola Umanità dalla mia Divinità
nell’atto del mio Concepimento. Come
fui concepito, concepii insieme con Me tutte le anime, passate, presenti e
future, come mia propria Vita; concepii
insieme le pene e le morti che per ciascuna dovevo soffrire. Dovevo incorporare tutto in Me, anime, pene
e morte che ciascuna doveva subire, per dire al Padre: ‘Padre mio, non più guarderai la creatura,
ma Me solo, ed in Me troverai tutti, ed Io soddisferò per tutti. Quante pene vuoi, te le darò; vuoi che subisca ciascuna morte per ognuno,
la subirò; tutto accetto, purché dia
vita a tutti’.
Ecco, perciò ci voleva un Volere e potere divino, per darmi
tante morti e tante pene, ed un potere e Volere Divino a farmi soffrire. E siccome nel mio Volere stanno in atto
tutte le anime e tutte le cose - sicché non in modo astrattivo o intenzionale
come qualcuno può pensare, ma in realtà - tenevo in Me tutti immedesimati, con
Me formavano la mia stessa Vita, in realtà morivo per ciascuno e soffrivo le
pene di tutti. È vero che ci concorreva
un miracolo della mia Onnipotenza, il prodigio del mio immenso Volere: senza della mia Volontà, la mia Umanità non
avrebbe potuto trovare ed abbracciare tutte le anime, né poter morire tante
volte!
Onde la mia piccola Umanità come fu concepita incominciò a
soffrire l’alternative delle pene e delle morti, e tutte le anime nuotavano in
Me come dentro d’un vastissimo mare, formavano membra delle mie membra, sangue
del mio Sangue, cuore del mio Cuore.
Quante volte la mia Mamma, prendendo il primo posto nella mia Umanità,
sentiva le mie pene e le mie morti e ne moriva insieme con Me! Come Mi era dolce trovare nell’amore della
mia Mamma l’eco del mio! Sono misteri
profondi dove l’intelletto umano, non comprendendo bene, pare che si
smarrisca. Perciò, vieni nel mio Volere
e prendi parte alle morti ed alle pene che subii non appena fu compiuto il mio
Concepimento. Da ciò potrai comprendere
meglio quello che ti dico”.
Non so dire come, mi son trovata nel seno della mia Regina
Mamma, dove vedevo l’Infante Gesù piccolo piccolo; ma sebbene piccino, conteneva tutto. Dal suo Cuore s’è spiccato un dardo di luce nel mio, e come mi
penetrava sentivo darmi morte, e come usciva mi ritornava la vita. Ogni tocco di quel dardo produceva un dolore
acutissimo da sentirmi disfare ed in realtà morire, e poi col suo stesso tocco
mi sentivo rivivere…
Preghiera
Io vedo, mio caro Bambinello Gesù, che incominci a
soffrire tante agonie e tante morti quante sono le ripulse che l’uomo oppone
alla tua Volontà Divina ed osservo che Tu, Madre dolcissima, vorresti subito
prendere su di Te tutte queste morti per soddisfare la Suprema Volontà.
O Gesù, io mi sento straziare il cuore
vedendoti agonizzare così piccino ancora, perciò, mio tenero Bambinello, voglio
dar tante volte vita al FIAT Divino nell’anima mia quante sono le volte
che le creature l’hanno respinto, altrettante voglio far morire il mio volere
quante sono le volte in cui esse diedero vita alla loro propria volontà. Sì, io voglio far scorrere il flusso della
tua stessa Volontà Divina nella tua piccola Umanità, affinché l’agonia e la
pena di morte che Tu soffri sia meno straziante. O mio dolce Amore, quante pene non soffri nel seno della Vergine
Mamma! Ivi Tu resti immobile, poiché
non Ti è dato muovere né un dito, né un piedino, non hai neppure spazio per
poter aprire i tuoi begli occhi, nessuno spiraglio di luce giunge fino a
Te; in questa stretta prigione non vi è
che oscurità profonda. Ma io voglio far
spazio nel mio cuore per farti riposare, mentre faccio risuonare al tuo
orecchio il mio incessante Ti amo, Ti
adoro, Ti benedico, per chiederti con insistenza il Regno del tuo Fiat
sulla terra come in Cielo!
(Cfr.: Il Pio Pellegrinaggio dell’anima
nell’Operato della Divina Volontà - Nona Ora)
nell’Operato della Divina Volontà - Nona Ora)
Quinto
Giorno
quinta Ora = quinto eccesso d’amore
Amore solitario
Amore solitario
Onde la voce
interna proseguiva: “Figlia mia, non ti
scostare da me, non mi lasciare solo, il mio Amore vuole la compagnia: un altro eccesso del mio Amore, che non
vuole essere solo. Ma sai tu di chi
vuole essere in compagnia? Della creatura!
Vedi, nel seno della mia Mamma, insieme con me ci sono tutte le creature
concepite insieme con me. Io sto con
loro tutto amore; voglio dir loro quanto le amo, voglio parlare con loro per
dire le mie gioie e i miei dolori, che sono venuto in mezzo a loro per renderle
felici, per consolarle, che starò in mezzo a loro come un loro fratellino,
dando a ciascuna tutti i miei beni, il mio Regno, a costo della mia morte;
voglio dar loro i miei baci, le mie carezze, voglio trastullarmi con loro. Ma,
ahi, quanti dolori mi danno! Chi mi fugge, chi fa il sordo e mi riduce al
silenzio, chi disprezza i miei beni e non si cura del mio Regno; ricambiano i miei baci e carezze con la noncuranza
e la dimenticanza di me, ed il mio trastullo lo convertono in amaro pianto… Oh,
come sono solo, pure in mezzo a tanti! Oh, come mi pesa la mia solitudine! Non
ho a chi dire una parola, con chi fare uno sfogo, neppure d’amore; sono sempre
mesto e taciturno, perché se parlo non sono ascoltato.
Ah, figlia mia, ti
prego, ti supplico, non mi lasciare solo in tanta solitudine, dammi il bene di
farmi parlare con l’ascoltarmi; presta orecchio ai miei insegnamenti. Io sono
il Maestro dei maestri; quante cose voglio insegnarti! Se tu mi darai ascolto,
mi farai cessare di piangere e mi trastullerò con te; non vuoi tu trastullarti
con me?”.
E mentre mi
abbandonavo in Lui, compatendolo della sua solitudine, la voce interna proseguiva:
“Basta, basta,
e passa a considerare il sesto eccesso del mio Amore”.
(Scrive Luisa
Piccarreta:) La mia povera mente
continua il suo cammino nel Voler Divino […]
Onde mi son fermata nella discesa del Verbo sulla terra, ed io lo
compativo nel vederlo solo. Ed il mio
dolce Gesù, con una tenerezza indicibile, sorprendendomi mi ha detto:
“Figlia mia carissima, tu ti sbagli; la solitudine fu da parte dell’ingratitudine
umana, ma dalla parte divina e delle opere nostre, tutti Mi accompagnarono, né
Mi lasciarono mai solo. Anzi tu devi
sapere che insieme con Me scese il Padre e lo Spirito Santo; mentre Io restai con loro in Cielo, loro scesero
con Me in terra. Siamo
inseparabili; Noi stessi, se lo
vogliamo, non possiamo separarci; al
più Ci bilochiamo e, mentre teniamo il nostro trono in Cielo, formiamo il
nostro trono in terra, ma separarci non mai!
Al più il Verbo prese la parte operante, però concorrente sempre il
Padre e lo Spirito.
Anzi nell’atto che scesi dal Cielo, tutti si mossero per
farmi corteggio e per darmi gli onori a Me dovuti. Mi corteggiò il cielo con tutte le sue stelle, dandomi gli onori
della mia immutabilità e del mio amore che mai finisce; Mi corteggiò il sole, dandomi gli onori
della mia eterna luce, oh, come Mi decantò bene colla molteplicità dei suoi
effetti! Posso dire [che]
facendomi culla colla sua luce e col suo calore, nel suo muto linguaggio Mi
diceva: ‘Tu sei luce ed Io Ti onoro, Ti
adoro, Ti amo con quella stessa luce con cui mi creasti’. Tutti Mi circondarono: il vento, il mare, il piccolo uccellino,
tutti e tutto, per darmi l’amore, la gloria con cui li avea creati; e chi Mi decantava il mio impero, chi la mia
immensità, chi le mie gioie infinite.
Le cose create Mi facevano festa, e se Io piangevo anche loro
piangevano, perché la mia Volontà risiedendo in esse le teneva a giorno di
quello che Io facevo; ed oh, come si
sentivano onorate nel fare ciò che faceva il loro Creatore!
Poi ebbi il corteggio degli Angeli, che non Mi lasciarono
mai solo. E siccome tutti i tempi sono
i miei, ebbi il corteggio del mio gran popolo che avrebbero vissuto nel mio
Volere, il quale Me lo portava nelle sue braccia, ed Io Me lo sentivo
palpitante nel mio Cuore, nel mio Sangue, nei miei passi; e solo al sentirmi investito da questo
popolo, amato colla mia stessa Volontà, Mi sentivo come contraccambiato della
mia discesa dal Cielo in terra. Era
questo il mio scopo primario: di
riordinare il Regno della mia Volontà in mezzo ai figli miei; mai avrei creato il mondo se non dovessi
avere i figli che Mi somigliano e che non vivessero della mia stessa
Volontà. Essa Si troverebbe nelle
condizioni di una povera madre sterile, che non tiene potere di generare e che
non può formarsi una famiglia a sé. Perciò
la mia Volontà tiene potere di generare e di formarsi la sua lunga generazione,
per formarsi la sua Famiglia Divina”.
(E siccome,
giustamente, la Maestà Suprema ama essere circondata e glorificata dalle stesse
cose sue, dalle stesse sue opere, anche noi, per darle soddisfazione divina,
seguiamo gli insegnamenti e l’operare di Luisa nella Divina Volontà:)
Mi sentivo tutta abbandonata nel Fiat Divino, seguendo ed offrendo tutti gli atti suoi, tanto della
Creazione quanto quelli della Redenzione e, giungendo al Concepimento del
Verbo, dicevo tra me: “Come vorrei nel
Voler Divino far mio il Concepimento del Verbo per poter offrire all’Ente
Supremo l’amore, la gloria, la soddisfazione, come se un’altra volta il Verbo
si concepisse!” Ma mentre ciò dicevo,
il mio dolce Gesù si è mosso nel mio interno mi ha detto:
“Figlia mia, nella mia Divina Volontà l’anima tiene tutto in
suo potere, non vi è cosa che la nostra Divinità abbia fatto, tanto nella
Creazione quanto nella Redenzione, che il nostro Fiat Divino non ne possiede la sorgente, perché Esso non sperde
nulla dei nostri atti, anzi è la depositaria di tutto. E chi possiede il nostro Voler Divino
possiede la sorgente del mio concepimento, della mia nascita, delle mie
lacrime, dei miei passi, delle mie opere, di tutto; i nostri atti non esauriscono mai, e come fa memoria e vuole
offrire il mio concepimento, viene rinnovato il mio concepimento, come se di
nuovo concepissi, risorgo a nuova nascita, le mie lacrime, le mie pene, i miei
passi ed opere risorgono a novella vita e ripetono il gran bene che Io feci
nella Redenzione.
Sicché chi vive nel nostro Voler Divino è la ripetitrice
delle opere nostre, perché come della Creazione nulla si è sperduto di ciò che
fu creato, così della Redenzione, tutto sta in atto di sorgere
continuamente; ma chi Ci dà la
spinta? chi Ci dà l’occasione di
muovere le nostre sorgenti per rinnovare le opere nostre? Chi vive nel nostro Volere. In virtù di Esso, la creatura partecipa alla
nostra forza creatrice, perciò tutto può far risorgere a novella vita; lei, coi suoi atti, colle sue offerte, colle
sue suppliche, muove continuamente le nostre sorgenti, le quali, mosse come da
un gradito venticello, formano le onde e straripando fuori, i nostri atti si
moltiplicano e crescono all’infinito.
Le nostre sorgenti sono simbolizzate dal mare: se il vento non lo agita, se non vengono formate le onde, le
acque non straripano fuori e le città non restano bagnate. Così le nostre sorgenti di tante opere
nostre, se il nostro Fiat Divino non
le vuol muovere, o chi vive in Esso non si dà pensiero di formare nessun venticello
cogli atti suoi, sebbene sono piene fino all’orlo, ma [tuttavia] non straripano
fuori per moltiplicare i loro beni a pro delle creature.
Oltre di ciò, chi vive
nel nostro Fiat Divino, come va formando
gli atti suoi, questi atti salgono al principio da donde uscì la creatura; non restano nel basso, ma salgono tanto in
alto, per cercare il seno di Colui donde uscì il primo atto della sua esistenza
e, questi atti, si schierano intorno al Principio, ch’è Dio, come atti
divini. Dio, nel vedere gli atti della
creatura nella sua Divina Volontà li riconosce come atti suoi e si sente amato
e glorificato come Lui vuole, col suo stesso amore e colla sua stessa gloria”.
Preghiera
Amor mio, Gesù, voglio tenerti compagnia,
consolarti e manifestarti il mio amore, quindi, Ti bacio col bacio del tuo
Volere. Tu non sei contento se Ti do il
solo mio bacio, ma vuoi il bacio di tutte le creature, ed io perciò Ti do il
bacio nel tuo Volere, perché in Esso trovo tutte le creature. E sulle ali del tuo Volere prendo tutte le
loro bocche e Ti do il bacio di tutti.
Ti bacio col bacio del tuo Amore, affinché non col mio amore Ti baci, ma
col tuo stesso Amore, e Tu senta il contento, le dolcezze, la soavità del tuo
stesso Amore sulle labbra di tutte le creature, in modo che tirato dal tuo
stesso Amore Ti costringo a dare il bacio a tutte le creature.
(Cfr. Vol. 12, Dicembre 6, 1917)
Vedi, Concepito mio Gesù, con noi c’è la Sovrana
Regina. Mamma mia, voglio rinchiudermi
in Te per poter rimanere col mio piccolo Gesù e fargli compagnia nella
solitudine che soffre. Non voglio
restare senza di Te; agli atti tuoi
unisco i miei per formarne di tutti uno solo e per chiedere insieme a Te
l’avvento del Regno del Volere Divino.
Mentre considero il Concepimento del Verbo,
nascondo nel tuo seno materno il mio continuo Ti amo e tutte le mie pene
per rendere ardente omaggio al Figlio di Dio.
Voglio contemplare tutte le sue pene, per suggellarle col mio Ti amo,
Ti benedico, Ti adoro e Ti ringrazio.
Per quel medesimo smisurato amore che Lo fece discendere dal Cielo nella
piccola prigione del tuo seno, offrendogli tutti i suoi atti uniti ai miei, io
Gli chiedo di concederci presto il Regno della sua Volontà Divina.
(Cfr.: Il Pio Pellegrinaggio dell’anima
nell’Operato della Divina Volontà – Nona Ora)
nell’Operato della Divina Volontà – Nona Ora)
Sesto
Giorno
Sesta Ora = sesto eccesso d’amore
Amore Represso e Prigioniero
Amore Represso e Prigioniero
“Figlia mia, vieni,
prega la mia cara Mamma che ti faccia un po’ di posticino nel suo seno materno,
affinché tu stessa veda lo stato doloroso in cui mi trovo”.
Onde mi pareva,
col pensiero, che la nostra Regina Mamma, per contentare Gesù, mi facesse un
po’ di posto e mi mettesse dentro, ma era tale e tanta l’oscurità che non lo
vedevo; solo sentivo il suo respiro, e Lui nel mio interno seguitava a dirmi: “Figlia mia, guarda un altro eccesso del mio Amore. Io sono la Luce eterna; il sole è un’ombra
della mia Luce; ma vedi dove mi ha condotto il mio Amore? In che oscura
prigione Io sono? Non c’è uno spiraglio di luce, è sempre notte per me, ma
notte senza stelle, senza riposo; sono sempre desto, che pena! La strettezza
della prigione, senza potermi menomamente muovere; le fitte tenebre; anche il
respiro - respiro per mezzo del respiro della mia Mamma -, oh, come è
stentato! E poi aggiungi le tenebre delle colpe delle creature; ogni colpa era
una notte per me, ed unendosi insieme formavano un abisso di oscurità senza
sponde. Che pena! O eccesso del mio
Amore, farmi passare da un’immensità di luce, di larghezza, in una profondità
di fitte tenebre e di tale strettezza, fino a mancarmi la libertà del respiro;
e tutto ciò per amore delle creature!”
E mentre ciò
diceva, gemeva, quasi con gemiti soffocati per mancanza di spazio, e piangeva.
Io mi struggevo
in pianto, lo ringraziavo, lo compativo; volevo fargli un po’ di luce col mio
amore, come Lui mi diceva..., ma chi può dire tutto? La stessa voce interna
soggiungeva:
“Basta per ora, e passa al settimo eccesso del mio Amore”.
Dal Libro
di Cielo
Volume 27 - Dicembre 22, 1929
Volume 27 - Dicembre 22, 1929
(Luisa:)
Il mio abbandono nel Fiat
Divino continua, ed il mio tenero Gesù si fa vedere piccolo Bambino o
nel mio cuore o nel seno della Mamma Celeste, ma tanto piccino con una beltà
rapitrice, tutto amore, col suo volto bagnato di pianto, e piange perché
vuol essere amato, e singhiozzando dice:
“Ahi!, Ahi! Perché non sono amato? Io voglio rinnovare nelle anime tutto
l’amore che ebbi nell’incarnarmi, ma non trovo a chi darlo. Nell’incarnarmi trovai la mia Regina
Mamma che Mi dava campo a sfogare il mio amore, ed a ricevere nel suo Cuore
materno tutto l’amore che Mi respingevano le creature. Ah, era Lei la depositaria del mio amore
respinto, la dolce compagnia delle mie pene, il suo amore ardente che Mi
rasciugava le lacrime! Le opere più
grandi non si possono fare da soli, ma ci vogliono due o tre almeno, come
depositari ed alimento della stessa opera;
senza alimento le opere non possono aver vita, c’è pericolo che muoiono
sul nascere. [...]
Dopo di ciò ha fatto silenzio
volendo essere cullato nelle mie braccia, e poi ha soggiunto:
“Figlia mia, or tu devi
sapere l’eccesso del mio amore dove Mi condusse, nello scendere dal Cielo in
terra; Mi condusse dentro d’una
prigione strettissima ed oscura, qual fu il seno della mia Mamma, ma non fu
contento il mio amore, in questa prigione stessa Mi formò un’altra carcere,
qual fu la mia Umanità che incarcerò la mia Divinità; la prima carcere Mi durò nove mesi, la
seconda carcere della mia Umanità Mi durò per ben trentatré anni. Ma il mio amore non si arrestò, Mi formò,
sul finire la carcere della mia Umanità, la carcere dell’Eucaristia, la più
piccola delle carceri, una piccola Ostia in cui Mi carcerò Umanità e Divinità e
dovevo contentarmi di stare come morto, senza far sentire né respiro, né moto,
né palpito, e non per pochi anni, ma fino alla consumazione dei secoli. Quindi andai di carcere in carcere: esse carceri sono per Me inseparabili,
perciò posso chiamarmi il divino Carcerato, il celeste Prigioniero. Nelle due prime carceri, nell’intensità del
mio amore maturai il Regno della Redenzione;
nella terza carcere, dell’Eucaristia, sto maturando il Regno del mio Fiat
Divino. Ecco perciò chiamai te [Luisa]
nella carcere del tuo letto, affinché insieme, prigionieri ambedue, nella
nostra solitudine, affiatandoci, possiamo far maturare il bene del Regno del
mio Volere”.
Volume 20 - Dicembre
24, 1926
[…] (ancora Gesù a Luisa:) “Vuoi vedere come stavo nel seno della mia
Mamma Sovrana e ciò che in Lei pativo?”
Ora mentre ciò diceva, si è mosso dentro di me in mezzo al
mio petto - scrive Luisa -, steso in
uno stato di perfetta immobilità: i
suoi piedini e manine erano tanto tesi ed immobili da far pietà, gli mancava lo
spazio per muoversi, per aprire gli occhi, per respirare liberamente, e quello
che più straziava era vederlo in atto di morire continuamente. Che pena vedere morire il mio piccolo
Gesù! Io mi sentivo messa insieme con
Lui nello stesso stato di immobilità.
Onde dopo qualche tempo il Bambinello Gesù stringendomi a Sé mi ha
detto:
“Figlia mia, il mio stato nel seno materno fu
dolorosissimo. La mia piccola Umanità
teneva l’uso perfetto di ragione e di sapienza infinita, quindi fin dal primo
istante del mio Concepimento, comprendevo tutto il mio stato doloroso,
l’oscurità del carcere materno, non avevo neppure uno spiraglio di luce! Che lunga notte di nove mesi! La strettezza del luogo che mi costringeva
ad una perfetta immobilità sempre in silenzio, né mi era dato di vagire, né di
singhiozzare per sfogare il mio dolore:
quante lacrime non versai nel sacrario del seno della Mamma mia, senza
fare il minimo moto! E questo era nulla.
La mia Umanità aveva preso l’impegno di morire tante volte, per
soddisfare la divina Giustizia, quante volte la creatura aveva fatto morire la
Volontà Divina in loro, facendo il grande affronto di dar vita all’umana volontà,
facendo morire in loro una Volontà Divina.
Oh! Come Mi costarono queste morti;
morire e vivere, vivere e morire, fu per Me la pena più straziante e
continua; molto più che la mia
Divinità, sebbene era con Me una sola cosa, ed inseparabile da Me, nel ricevere
da Me queste soddisfazioni si atteggiava a Giustizia, e sebbene la mia Umanità
era santa, era una lucerna innanzi al Sole immenso della mia Divinità ed Io
sentivo tutto il peso delle soddisfazioni che dovevo dare a questo Sole divino
e la pena della decaduta umanità che in Me doveva risorgere a costo di tante
mie morti. Fu il respingere la Volontà
Divina, dando vita alla propria che formò la rovina dell’umanità decaduta, ed
Io dovevo tenere in stato di morte continua la mia Umanità e volontà umana per
fare che la Volontà Divina avesse vita continua in Me per stendervi il suo
Regno. Dacché fui concepito Io pensavo
e Mi occupavo a stendere il Regno del Fiat
Supremo nella mia Umanità, a costo di non dar vita alla mia volontà umana
per far risorgere l’umanità decaduta, affinché fondato in Me questo Regno,
preparassi le grazie, le cose necessarie, le pene, le soddisfazioni che ci
volevano per farlo conoscere e fondarlo in mezzo alle creature. Perciò tutto ciò che tu fai [Luisa], quello
che faccio in te per questo Regno, non è altro che la continuazione di ciò che
Io feci dacché fui concepito nel seno della Mamma mia. Perciò se vuoi che svolgo in te il Regno
dell’Eterno Fiat lasciami libero, né dar mai vita alla tua volontà”. […]
Preghiera
Amor mio, voglio annientare il mio volere nel Tuo affinché il mio mai
più abbia vita, per fare che in tutto e per sempre abbia vita la tua Volontà,
per riparare il primo atto che fece Adamo di volontà sua umana, e per ridare
tutta quella gloria al tuo Supremo Volere come se Adamo non si fosse sottratto
da Esso. Oh, come vorrei ridargli
l’onore da lui perduto perché fece la sua volontà e respinse la Tua! E quest’atto intendo di farlo quante volte
tutte le creature hanno fatto la loro volontà - che è causa di tutti i mali! -
ed hanno respinto la Tua, che è principio e fonte di tutti i beni. Perciò Ti prego che venga presto il Regno
del Fiat Supremo affinché tutti, da Adamo
fino a tutte le creature che hanno fatto la loro volontà, ricevano l’onore, la
gloria perduta, ed il tuo Volere riceva il trionfo, la gloria ed il suo compimento.
(Cfr.
Vol. 20 - 26.10.1926)
Io
entro ora, o mio Padre Creatore, nell’Unità della tua Volontà, affinché la mia
volontà sia una con la Tua, uno l’amore. In questa Unità che tutto abbraccia, la mia
voce risuoni nel Cielo, investa tutta la Creazione, penetri nei cupi abissi e
dica e gridi: “Venga il Regno del tuo
Volere Divino; sia fatta la tua Volontà
come in Cielo così in terra! Io faccio
mia la santità, la gloria, l’adorazione, il ringraziamento, i pensieri, gli
sguardi, le parole, le opere, i passi di Adamo innocente per offrirti la
ripetizione degli atti suoi; e Tu, vedendo
in me la tua Divina Volontà operante, concedimi, Te ne prego, che venga il tuo
Regno!”
(Cfr.:
Pio Pellegrinaggio
dell’anima… – Quarta Ora)
Diletto
mio, la mia anima vuole vincerti mediante il tuo medesimo amore e con la
potenza e fermezza del tuo FIAT,
per chiederti il Regno del Volere del Celeste Padre sulla terra. Per ottenere il mio intento, io chiamo in
mio aiuto tutti gli atti della tua Volontà Divina: chiamo il cielo con l’esercito delle sue stelle intorno a Te,
chiamo il sole con la forza della sua luce e del suo calore, il vento con
l’impetuosità del suo impero, il mare con le sue onde fragorose, chiamo la
Creazione tutta; animando ogni cosa con
la mia voce, io voglio offrirti in nome di tutti il Regno del tuo FIAT
Divino.
(Cfr.: Il Pio
Pellegrinaggio… – Nona Ora)
“Amor mio, nel tuo
Volere ciò che è tuo è mio, tutte le cose create sono mie. Il sole è mio, ed io Te lo do in ricambio, affinché
tutta la luce ed il calore del sole in ogni stilla di luce, di calore, Ti dica
che io Ti amo, Ti adoro, Ti benedico, Ti prego per tutti. Le stelle sono mie, ed in ogni tremolio di
stelle suggello il mio Ti amo immenso ed infinito, per
tutti. Le piante, i fiori, l’acqua, il
fuoco, l’aria, sono miei, ed io Te li do in ricambio, perché tutti Ti dicano,
ed a nome di tutti: ‘Ti amo con
quell’Amore eterno con cui ci creasti’”.
(Cfr. Volume 14 - Aprile 6, 1922)
Settimo
Giorno
Settima Ora = settimo eccesso d’amore
Amore Supplicante
Amore Supplicante
La voce interna
proseguiva: “Figlia mia, non mi lasciare solo in tanta solitudine ed in tanta
oscurità; non uscire dal seno della mia Mamma, per guardare il settimo eccesso
del mio Amore. Ascoltami: nel seno del mio Celeste Padre Io ero
pienamente felice; non c’era bene che non possedevo: gioia, felicità, tutto era a mia disposizione; gli Angeli, riverenti, mi adoravano e
stavano ai miei cenni. Ah, l’eccesso
del mio Amore, potrei dire, mi fece cambiar fortuna, mi restrinse in questa
tetra prigione, mi spogliò di tutte le mie gioie, felicità e beni, per vestirmi
di tutte le infelicità delle creature;
e tutto ciò per fare il cambio, per dare la mia fortuna, le mie gioie e
la mia felicità eterna a loro.
Ma ciò sarebbe
stato nulla se non avessi trovato in loro una somma ingratitudine ed ostinata
perfidia. Oh, come restò sorpreso il
mio eterno Amore innanzi a tanta ingratitudine e pianse l’ostinatezza e la
perfidia dell’uomo! L’ingratitudine fu la spina più pungente che mi trafisse il
Cuore, dal mio concepimento fino all’ultimo istante del mio morire. Guarda, il mio Cuoricino è ferito e sgorga
sangue; che pena, che spasimo che sento!
Figlia mia, non essermi ingrata;
l’ingratitudine è la pena più dura per il tuo Gesù, è il chiudermi in
faccia le porte per farmi restare fuori ad intirizzire di freddo.
Ma a tanta
ingratitudine il mio Amore non si arrestò e si atteggiò ad Amore supplicante,
pregante, gemente e mendicante; e questo è l’ottavo eccesso del mio
Amore”.
Stavo seguendo gli atti della Divina Volontà - scrive Luisa - e la mia povera mente si
è soffermata nell’atto della discesa del Verbo Divino sulla terra. Mio Dio, quante meraviglie, quante sorprese
d’amore, di potenza, di Sapienza divina!
Sono tali e tante, che non si sa dove cominciare a dire. Ed il mio amato Gesù, come innondato nel suo
mare d’amore che sta innalzando le sue onde, sorprendendomi mi ha detto:
“Figlia mia benedetta, nella mia discesa sulla terra furono
tali e tante le meraviglie, la nostra foga d’amore, che né agli Angeli né alle
creature è dato loro di comprendere ciò che operò la nostra Divinità nel
mistero della mia Incarnazione.
Ora, tu devi sapere che il nostro Ente Supremo possiede in
natura il suo moto incessante. Se
questo moto potesse cessare anche un istante, ciò che non può essere, tutte le
cose resterebbero paralizzate e senza vita, perché tutte le cose, la vita, la
conservazione e tutto ciò che esiste in Cielo e in terra, tutto da quel moto
dipende. Quindi nello scendere dal
Cielo in terra Io, Verbo e Figlio del Padre, partii dal nostro moto primo, cioè
restai e partii. Il Padre e lo Spirito
Santo scesero con Me, furono concorrenti - né Io feci nessun atto che non lo
facessi insieme con loro - e restarono sul Trono pieni di Maestà nelle Regioni
Celesti.
Onde nel partire, la mia Immensità, il mio Amore, la mia
Potenza scendeva insieme con Me; ed il
mio amore, che dà dell’incredibile e non si contenta se non forma della mia
vita tante vite per quante creature esistono, non solo [ciò fece], ma dovunque
e da per tutto formava la mia vita, la moltiplicava, e tenendo la mia immensità
in suo potere la riempiva di tante mie vite, affinché ognuno avesse una vita
mia tutta propria e la Divinità avesse la gloria, l’onore di tante nostre vite
divine per quante cose e creature uscimmo alla luce del giorno.
Ah! Il nostro Amore
Ci pagava dell’opera della Creazione, e col formare tante vite nostre non solo
Ci ricambiava, ma Ci dava di più di quello che avevamo fatto. La nostra Divinità restò rapita ed ebbe un
incanto sì dolce nel vedere i ritrovati, gli stratagemmi del nostro Amore, nel
vedere tante nostre vite sparse, servendosi della nostra immensità come circonferenza
dove metterle. Sicché mentre si vedeva
la mia vita come centro, si vedevano la mia immensità e potenza come
circonferenza in cui venivano depositate queste vite innumerevoli, che trovando
tutto e tutti si davano per amarci e farsi amare”.
Io sono restata sorpresa nel sentir ciò - scrive Luisa - , ed il mio dolce Gesù,
non dandomi tempo, subito ha soggiunto:
“Figlia mia, non ti meravigliare; Noi quando operiamo facciamo opere complete, in modo che nessuno
deve poter dire: ‘Questo non l’ha fatto
per me, la sua vita non è tutta mia’.
Ahi! L’amore non
sorge quando le cose non sono proprie e non si tengono in proprio potere. E poi non fa anche questo il sole, opera da
Noi creata, che mentre si fa luce degli occhi fino a riempirli tutti di luce,
nel medesimo tempo è luce piena, intera, alla mano che opera, al passo che cammina,
in modo che tutti possono dire, cose create e creature: ‘Il sole è mio’? E mentre il centro del sole sta nell’alto dell’atmosfera, la sua
luce parte e resta, e colla sua circonferenza di luce investe la terra e si fa
vita e luce di ciascuno, fin del fiorellino e del piccolo filo d’erba. Il sole non è vita: luce tiene e luce dà, e tutti i beni che
contiene la sua luce.
La nostra Divinità è vita, ed autore e vita di tutto; quindi nello scendere dal Cielo in terra
dovevo fare atti completi, e più che Sole fare sfoggio della mia vita e moltiplicarla
in tante vite, affinché Cielo e terra e tutti potessero possedere la mia
vita. Non sarebbe stata opera della nostra
Sapienza e del nostro infinito Amore, se ciò non fosse”. […]
Onde continuavo a pensare alla nascita del piccolo Re Gesù,
e Gli dicevo: “Carino Bambinello,
dimmi: che cosa facesti quando vedesti
la tanta ingratitudine umana al tanto tuo amore?”
E Gesù: “Figlia mia,
se avessi tenuto conto dell’ingratitudine umana al tanto mio amore, avrei preso
la via per andarmene al Cielo, quindi avrei contristato ed amareggiato il mio
amore e cambiata la festa in lutto.
Onde vuoi sapere che faccio nelle mie opere più grandi per farle più belle? Con pompa e collo sfoggio più grande del mio
amore metto tutto da parte, l’ingratitudine umana, i peccati, le miserie, le
debolezze, e do il corso alle mie opere più grandi, come se queste cose non ci
fossero. Se Io volessi badare ai mali
dell’uomo, non avrei potuto fare opere grandi né mettere in campo tutto il mio
amore: resterei inceppato, soffocato
nel mio amore. Invece per essere libero
nelle mie opere e per farle quanto più belle posso farle, metto tutto da parte
e, se occorre, copro tutto col mio amore, in modo che non vedo che amore e Volontà
mia; e così vado avanti nelle mie opere
più grandi e le faccio come se nessuno Mi avesse offeso, perché per gloria
nostra nulla deve mancare al decoro, al bello ed alla grandezza delle nostre opere.
Perciò vorrei che anche tu non ti occupassi delle tue debolezze
e delle miserie e dei tuoi mali, perché quanto più si pensano, tanto più debole
si sente, tanto più i mali affogano la povera creatura e le miserie si
stringono più forte intorno ad essa;
col pensarle, la debolezza alimenta la debolezza, e la povera creatura
va cadendo di più, i mali prendono più forza, le miserie la fanno morire di
fame; invece con non pensarli, da per
se stessi svaniscono. Invece tutto al
contrario riferendosi al bene: un bene
alimenta l’altro bene, un atto d’amore chiama l’altro amore, un abbandono nel
mio Volere fa sentire in sé la nuova vita divina; sicché il pensiero del bene forma l’alimento, la forza, per fare
l’altro bene. Perciò il tuo pensiero
voglio che non si occupa altro che per amarmi e di vivere di Volontà mia. Il mio amore brucerà le tue miserie e tutti
i tuoi mali, ed il mio Voler Divino si costituirà vita tua e delle tue miserie
se ne servirà per formarsi lo sgabello dove erigere il suo trono”.
Onde seguivo a pensare del piccolo Gesù nato, ed oh, come mi
straziava il cuore nel vederlo piangere, singhiozzare, vagire, tremare di
freddo! Avrei voluto mettere un mio Ti
amo per ogni pena e lacrima del Piccino Divino, per riscaldarlo e
quietargli il pianto. E Gesù ha soggiunto:
“Figlia mia, chi vive nel mio Volere Me la sento nelle mie
lacrime, nei miei vagiti; Me la sento
scorrere nel mio singhiozzo di pianto, nei tremiti delle mie membra infantili,
ed in virtù del mio Volere che possiede, Mi cambia le lacrime in sorrisi, i
singhiozzi in gioie di Cielo; colle sue
nenie d’amore Mi riscalda e Mi cambia le pene in baci ed abbracci. Anzi tu devi sapere che chi vive nel mio
Volere riceve continui innesti di tutto ciò che fa la mia Umanità: se penso, innesto i suoi pensieri; se parlo e prego, innesto la sua
parola; se opero, innesto le sue
mani. Non vi è cosa che facc’Io, che
non formo innesto per innestare la creatura e farne di essa la ripetizione
della mia vita, molto più che stando la mia Divina Volontà in essa, trovavo la
mia potenza, la mia santità, la mia stessa vita, per farmi fare ciò che Io
volevo di essa.
Quanti prodigi non posso fare dove trovo la mia Volontà
nella creatura! Io venni sulla terra
per coprire tutto col mio amore, per affogare gli stessi mali e bruciare tutto
col mio amore. Per giustizia volevo
rifare il Padre mio, perché era giusto che venisse reintegrato nell’onore,
nella gloria, nell’amore e gratitudine che tutti gli dovevano. Quindi il mio amore non si dava pace: riempie i vuoti della sua gloria, del suo
onore, e giunge a tanto che a via d’amore paga la Divinità, che aveva creato un
cielo, un sole, un vento, un mare, una terra fiorita e tutto il resto, per i
quali l’uomo non aveva detto neppure un grazie dei tanti beni ricevuti,
era stato il vero ladro, l’ingrato, l’usurpatore dei beni nostri. Il mio amore correva, correva, per riempire
gli abissi di distanza tra il Creatore e la creatura; pagava a vie d’amore il mio Padre Celeste, ed a vie d’amore
ricomprava tutte le umane generazioni, per ridonar loro di nuovo la vita della
mia Divina Volontà; già aveva formato
tante vite di Essa per formarne il riscatto.
E quando paga il mio amore, è tanto il suo valore che può pagare per
tutti e riacquistare ciò che vuole.
Perciò sei già comprata dal mio amore, quindi lascia che ti goda e ti possieda”.
Preghiera
Mio Gesù, voglio amarti e voglio tanto amore da
supplire all’amore di tutte le generazioni che sono state e che saranno; ma chi
può darmi tanto amore per poter amare per tutti? Amor mio, nel tuo Volere c’è la forza creatrice, quindi nel tuo
Volere voglio io stessa creare tanto amore per supplire, e sorpassare, all’amore
di tutti ed a tutto ciò che tutte le creature sono obbligate a dare a Dio come
nostro Creatore. (Vol. 12, Febbraio 2,
1921)
Volume 14 - Marzo 28, 1922
Stavo tutta fondendomi nel Santo Voler del mio amabile Gesù - scrive Luisa -, e Lui mi ha detto:
“Figlia del mio Volere, se sapessi i portenti, i prodigi che
succedono quando ti fondi nel mio Volere, tu ne resteresti stupita. Senti un po’. Tutto ciò che Io feci sulla terra sta in continua attitudine di
darsi all’uomo, facendogli corona: i miei
pensieri formano corona intorno all’intelligenza della creatura, le mie parole,
le mie opere, i miei passi, eccetera, formano corona intorno alle parole, alle
opere e passi loro, affinché intrecciando le cose loro con le mie, possa dire
al mio Celeste Padre che l’operato loro è come il mio. Ora, chi prende questa mia attitudine
continua? Chi si fa intrecciare dal mio
operato con cui coronai tutta l’umana famiglia? Chi vive nel mio Volere.
Come tu fondevi i tuoi pensieri nel mio Volere, i miei pensieri che ti
facevano corona sentivano l’eco dei miei nella tua mente, e immedesimandosi
insieme coi tuoi, moltiplicavano i tuoi coi miei e formavo doppia corona
intorno all’intelligenza umana, ed il mio Padre riceveva non solo da Me, ma
anche da te, la gloria divina da parte di tutte le intelligenze create; e così delle parole e di tutto il
resto. E non solo da parte delle
creature il Padre riscuote questa gloria divina, ma da parte di tutte le altre
cose create, perché tutte le cose furono create per far correre continuo amore
verso l’uomo, e l’uomo per giustizia dovrebbe dare, per ogni cosa creata,
omaggio, amore al suo Creatore. Ora,
chi supplisce a ciò? Chi fa suo quel Fiat
per cui tutte le cose furono fatte, per diffondere su tutto un omaggio,
un’adorazione, un amore divino al suo Creatore? Chi vive nel mio Volere!
Quasi ad ogni sua parola fa suo quel Fiat onnipotente, l’eco del Fiat
Eterno fa eco nel suo Fiat Divino in cui vive, e si diffonde e corre, e
vola, e ad ogni cosa creata v’imprime un altro Fiat, e ridona al suo
Creatore l’omaggio, l’amore da Lui voluto.
Questo lo feci Io quando stetti sulla terra, non ci fu cosa per cui Io
non ricambiai al mio Divin Padre da parte di tutte le creature, ora lo fa, lo
voglio, lo aspetto, da chi vive nel mio Volere.
Se tu vedessi com’è bello vedere in ogni tremolio di stelle,
in ogni goccia di luce del sole la gloria mia, il mio amore, la mia profonda
adorazione unita alla tua! Oh, come
corre, vola sulle ali dei venti, riempiendo tutta l’atmosfera, percorre le
acque del mare, si poggia in ogni pianta, in ogni fiore, si moltiplica ad ogni
moto! E’ una voce che fa eco su tutto e
dice: “Amore, gloria, adorazione al mio
Creatore”. Perciò chi vive nella mia
Volontà, è l’eco della mia voce, la ripetitrice della mia Vita, la perfetta
gloria della mia Creazione. Come non
devo amarla? Come non devo dare a lei
tutto ciò che dovrei dare a tutte le altre creature insieme e farla primeggiare
su tutto? Ah, il mio Amore si
troverebbe alle strette se ciò non facessi!”
Volume 16 - Dicembre
29, 1923
[…] Ho fatto la
santa Comunione - scrive Luisa -, ed
io, secondo il mio solito, stavo chiamando e mettendo tutte le cose create
intorno a Gesù, acciocché tutte Gli facessero corona e Gli dessero il
contraccambio dell’amore, degli omaggi al loro Creatore. Tutte sono corse alla mia chiamata, e vedevo
a chiare note tutto l’amore del mio Gesù per me in tutte le cose create; e Gesù aspettava con tale tenerezza d’amore
nel mio cuore il contraccambio di tanto amore, ed io, sorvolando su tutto e
abbracciando tutto, mi portavo ai piedi di Gesù e Gli dicevo:
(Preghiera)
“Amor mio, mio Gesù, tutto hai creato per me e me
lo hai donato, sicché tutto è mio, ed io lo dono a Te per amarti; perciò Ti dico in ogni stilla di luce di
sole: “Ti amo”; nello scintillio delle stelle: “Ti amo”;
in ogni goccia d’acqua: “Ti
amo”. Il tuo Volere mi fa vedere fin
nel fondo dell’oceano il tuo ti amo
per me, ed io imprimo il mio Ti amo
per Te in ogni pesce che guizza nel mare;
voglio imprimere il mio Ti amo
sul volo d’ogni uccello. Ti amo
dovunque Amor mio. Voglio imprimere il
mio Ti amo sulle ali del vento, nel
muoversi delle foglie, in ogni favilla di fuoco; Ti amo per me e per tutti”.
Tutta la Creazione era con me a
dire: “Ti amo”. Ma quando ho
voluto abbracciare tutte le umane generazioni nel Voler Eterno, per far
prostrare tutti innanzi a Gesù, perché tutti facessero il loro dovere di dire
in ogni loro atto, parola, pensiero:
“Ti amo”, a Gesù, queste mi sfuggivano, ed io mi sperdevo e non sapevo
fare; onde l’ho detto a Gesù, e
Lui:
“Figlia mia, eppure è proprio questo il vivere nel mio
Volere: il portarmi tutta la Creazione
innanzi a Me, e a nome di tutti darmi il contraccambio dei loro doveri. Nessuno deve sfuggirti, altrimenti la mia
Volontà troverebbe dei vuoti nella Creazione e non resterebbe appagata. Ma sai perché non trovi tutti e molti ti
sfuggono? E’ la forza del libero
arbitrio. Ma però ti voglio insegnare
il segreto dove tutti trovarli: entra
nella mia Umanità e vi troverai tutti gli atti loro come in custodia, per cui
Io presi l’impegno di soddisfare per loro innanzi al mio Celeste Padre, e tu
va’ seguendo tutti gli atti miei, che erano gli atti di tutti, così troverai
tutto e Mi darai il ricambio d’amore per tutti e per tutto. Tutto c’è in Me; avendo fatto per tutti c’è in Me il deposito di tutto e rendo al
Divin Padre il dovere dell’amore di tutto, e chi vuole se ne serve per via di
mezzo per salire al Cielo”.
Io sono entrata in Gesù -
continua Luisa - e con facilità ho trovato tutto e tutti, e seguendo
l’operato di Gesù dicevo:
(Preghiera)
“In ogni pensiero di creatura Ti amo, sul volo
d’ogni sguardo Ti amo, in ogni suono di parola Ti amo; in ogni palpito, respiro, affetto, Ti
amo; in ogni goccia di sangue, in ogni
opera e passo, Ti amo”.
Ma chi può dire tutto ciò che io facevo e dicevo? - dice Luisa -. Molte cose non si sanno dire, anzi, quello
che si dice, si dice molto male, da come si dicono quando si è insieme con
Gesù...
Ottavo
Giorno
Ottava Ora = ottavo eccesso d’amore
Amore Mendicante
Amore Mendicante
“Figlia mia, non mi lasciare solo; poggia la
tua testa sul seno della mia cara Mamma, che anche al di fuori sentirai i miei
gemiti, le mie suppliche. E vedendo che né i miei gemiti, né le mie suppliche
muovono a compassione del mio Amore la creatura, mi atteggio come il più povero
dei mendichi e, stendendo la mia piccola manina, chiedo per pietà almeno, a titolo
di elemosina, le loro anime, i loro affetti e i loro cuori. Il mio Amore voleva
vincere a qualunque costo il cuore dell’uomo; e vedendo che dopo sette eccessi
del mio Amore era restio, faceva il sordo, non si curava di me né si voleva
dare a me, il mio Amore si volle spingere di più; avrebbe dovuto arrestarsi, ma
no; volle uscire di più dai suoi limiti, e fin dal seno della mia Mamma faceva
giungere la mia voce ad ogni cuore coi modi più insinuanti, con le preghiere
più ferventi, con le parole più penetranti...
Ma sai che gli
dicevo? «Figlio mio, dammi il tuo cuore; tutto ciò che tu vuoi Io ti darò,
purché mi dia in cambio il cuore tuo. Sono sceso dal Cielo per farne preda:
deh, non me lo negare! Non rendere deluse le mie speranze!» E vedendolo restio, anzi, molti mi voltavano le spalle, passavo ai
gemiti, giungevo le mie piccole manine e, piangendo con voce soffocata da
singhiozzi, soggiungevo: «Ahi, ahi, sono il piccolo mendico; neppure in elemosina vuoi darmi
il cuor tuo?» Non è questo un eccesso più grande del mio Amore, che il Creatore,
per avvicinarsi alla creatura, prenda la forma di piccolo bambino, per non
incutere timore, e chieda almeno per elemosina il cuore della creatura? E
vedendola che non lo vuol dare, preghi, gema e pianga?”
E poi mi
sentivo dire: “E tu, non vuoi
darmi il tuo cuore? Forse anche tu vuoi che gema, preghi e pianga per darmi il tuo
cuore? Vuoi negarmi l’elemosina che ti chiedo?”.
E mentre ciò
diceva, sentivo come se singhiozzasse. Ed io: “Mio Gesù, non piangere, ti dono il mio cuore e tutta me stessa”. Onde la voce interna proseguiva: “Passa più oltre, passa al nono eccesso
del mio Amore”.
Da ‘La
Vergine Maria nel Regno della Divina Volontà’
20° giorno
20° giorno
Lezione della Regina del Cielo, Madre di Gesù:
Mia cara figlia, il mio materno Cuore è
gonfio; sento il bisogno di sfogare il
mio ardente amore: voglio dirti che
sono Madre di Gesù. Le mie gioie sono
infinite; mari di felicità mi inondano. Io posso dire: sono Madre di Gesù; la
sua creatura, la sua ancella è Madre di Gesù, e solo al Fiat lo debbo. Esso mi rese
piena di Grazia, preparò la degna abitazione al mio Creatore. Perciò, gloria sia sempre, onore,
ringraziamento al Fiat Supremo.
Ora ascoltami, figlia del mio Cuore. Non appena fu formata con la Potenza del Fiat Supremo la piccola Umanità di Gesù
nel mio seno, il Sole del Verbo Eterno s'incarnò in essa. Io avevo il mio Cielo, formato dal Fiat, tutto tempestato di stelle
fulgidissime, che scintillavano gioie, beatitudini, armonie di bellezza divine,
ed il sole del Verbo Eterno, sfolgorante di luce inaccessibile, venne a
prendere il suo posto dentro di questo Cielo, nascosto nella sua piccola
Umanità; e non potendolo contenere, il
centro di questo Sole stava in Essa, ma la sua luce straripava fuori, ed
investendo cielo e terra giungeva ad ogni cuore e col suo picchio di luce bussava
a ciascuna creatura e con voci di luce penetrante diceva loro:
“Figli miei, apritemi; datemi il posto nel vostro cuore; sono sceso dal Cielo in terra per formare in
ciascuno di voi la mia Vita; la mia
Madre è il centro dove risiedo, e tutti i miei figli saranno la circonferenza,
dove voglio formare tante mie vite per quanti figli ci sono”.
E la luce picchiava e ripicchiava senza
mai cessare, e la piccola Umanità di Gesù gemeva, piangeva, spasimava e, dentro
di quella luce, che giungeva nei cuori, faceva scorrere le sue lacrime, i suoi
gemiti ed i suoi spasimi d'amore e di dolore.
Or tu devi sapere che la tua Mamma
incominciò una nuova vita. Io ero a
giorno di tutto ciò che faceva il Figlio mio.
Lo vedevo divorato da mari di fiamme d'amore; ogni suo palpito, respiro e pena, erano mari d'amore che sprigionava,
con cui involgeva tutte le creature per farle sue a forza d'amore e di
dolore. Perché tu devi sapere che, come
fu concepita la sua piccola Umanità, concepì tutte le pene che doveva soffrire,
fino all'ultimo giorno della sua Vita.
Racchiuse in Sé stesso tutte le anime, perché, come Dio, nessuno Gli
poteva sfuggire. La sua Immensità
racchiudeva tutte le creature, la sua Onniveggenza Gliele faceva tutte
presenti. Quindi il mio Gesù, il Figlio
mio, sentiva il peso ed il fardello di tutti i peccati di ciascuna
creatura. Ed io, la Mamma tua, Lo
seguivo in tutto e sentii nel mio materno Cuore la nuova generazione delle pene
del mio Gesù e la nuova generazione di tutte le anime, che, come Madre, dovevo
generare insieme con Gesù alla Grazia, alla Luce e alla Vita novella che il mio
caro Figlio venne a portare sulla terra.
Figlia mia, tu devi sapere che, dacché io
fui concepita, ti amai da Madre, ti sentivo nel mio Cuore, ardevo d'amore per
te, ma non capivo il perché. Il Fiat Divino mi faceva fare i fatti, ma
mi teneva celato il segreto. Ma come
s'incarnò, mi svelò il segreto e compresi la fecondità della mia maternità, che
non solo dovevo essere Madre di Gesù, ma Madre di tutti, e questa maternità
doveva essere formata sul rogo del dolore e dell'amore. […]
Preghiera
“Amor mio, Gesù, nel tuo Volere Ti amo
nell’atto che scendesti dal Cielo;
imprimo il mio Ti amo nell’atto che fosti concepito, Ti amo
nella prima goccia di Sangue che si formò nella tua Umanità; Ti amo nel
primo palpito del tuo cuore, per segnare tutti i tuoi palpiti col mio Ti amo;
Ti amo nel tuo primo respiro, Ti amo nelle tue prime pene, Ti
amo nelle prime tue lacrime che versasti nel seno materno; voglio ricambiare le tue preghiere, le tue
riparazioni, le tue offerte col mio Ti amo. Ogni istante della tua vita voglio suggellare col mio ti amo:
Ti amo nel tuo nascere, Ti amo nel freddo che soffristi, Ti
amo in ogni stilla di latte che succhiasti dalla tua Mamma; intendo di
riempire coi miei Ti amo le fasce con cui la tua Mamma ti fasciò; stendo
il mio Ti amo sopra di quella terra in cui la tua cara Madre ti adagiò
nella mangiatoia, e le tue tenerissime membra sentirono la durezza del fieno,
ma più che fieno la durezza dei cuori.
Il mio Ti amo in ogni tuo vagito, in tutte le tue lacrime e pene
della tua infanzia e faccio scorrere il mio Ti amo in tutti i rapporti,
comunicazioni, amore che avesti con la tua Mamma. Suggello il mio Ti amo in ogni tuo atto interno e pene
che soffristi. In tutta la tua SS.
Umanità, o mio Gesù, anche nelle fibre più intime del tuo cuore, imprimo il mio
Ti amo per me e per tutti. Il
mio Ti amo non Ti lascerà mai;
il tuo stesso Volere è la vita del mio Ti amo”. (Cfr. Vol. 17 - Maggio 17, 1925)
Nono
Giorno
Nona Ora = nono eccesso d’amore
Amore Agonizzante
Amore Agonizzante
“Figlia mia, il mio
stato è sempre più doloroso. Se mi ami, il tuo sguardo abbilo fisso in me, per
vedere se al tuo piccolo Gesù puoi apprestare qualche sollievo. Una parolina
d’amore, una carezza, un bacio, metterà tregua al mio pianto e alle mie
afflizioni.
Senti, figlia mia,
dopo aver dato otto eccessi del mio Amore, che l’uomo mi contraccambiò così
malamente, il mio Amore non si diede per vinto e all’ottavo eccesso volle
aggiungere il nono; e questo furono le ansie, i sospiri di fuoco, le fiamme dei
desideri, ché volevo uscire dal seno materno per abbracciare l’uomo, e questo
riduceva la mia piccola Umanità, non ancora nata, ad una agonia tale da
giungere a dare l’ultimo anelito. E mentre stavo per dare l’ultimo respiro, la
mia Divinità, che era inseparabile da me, mi dava dei sorsi di vita, e così
riprendevo la vita, per continuare la mia agonia e ritornare di nuovo a morire.
Fu questo il nono
eccesso del mio Amore: agonizzare e
morire d’amore continuo per la creatura. Oh, che lunga agonia di nove mesi! Oh,
come l’Amore mi soffocava e mi faceva morire! E se non avessi avuto la Divinità
con me, che mi ridonava la vita ogni qual volta stavo per finire, l’Amore mi
avrebbe consumato prima di uscire alla luce del giorno”.
Poi
soggiungeva: “Guardami,
ascoltami, come agonizzo! Come il mio piccolo Cuore batte, affanna, brucia!
Guardami, adesso muoio!” E faceva profondo silenzio.
Io mi sentivo
morire, mi si gelava il sangue nelle vene e tremante gli dicevo: “Amor mio, Vita mia, non morire, non mi lasciare sola! Tu vuoi
amore, ed io ti amerò, non ti lascerò più.
Dammi le tue
fiamme, per poterti più amare e consumarmi tutta per te”.
Dal Libro
di Cielo
Volume 35 - Dicembre 28, 1937
Volume 35 - Dicembre 28, 1937
Come
a Luisa, Gesù si rivolge anche a noi:
[…] “Figlia del mio
amore, fammi sfogare, che non posso più contenermi. Com’è duro amare e non essere riamato e non avere a chi dire le
mie sorprese d’amore! È la pena più indicibile
per il nostro Ente Supremo; perciò ascoltami.
Ora tu devi sapere che Io venni sulla terra per mettere in
salvo le mie abitazioni. L’uomo è la
mia abitazione, che con tanto amore Mi ero formato, in cui, per farla degna di
Me, aveva concorso la mia Potenza e l’arte creatrice della mia Sapienza. Era un prodigio questa abitazione, del
nostro Amore e delle nostre mani divine.
Ora, col sottrarsi dalla nostra Volontà, la nostra abitazione diventò
crollante, all’oscuro, ed abitazione di nemici e di ladri. Qual dolore non fu per Noi!
Sicché la mia vita quaggiù servì a restituire e ripristinare
e mettere in salvo questa abitazione, che con tanto amore Ci eravamo
formati. Era anch’essa nostra,
conveniva salvarla per poterla abitare di nuovo; perciò per salvarla diedi tutti i rimedi possibili ed immaginabili: esibii la mia stessa Vita per fortificarla,
cementarla di nuovo, versai tutto il mio Sangue per lavarla da tutte le sozzure
e colla mia morte ridarle la vita per farla degna di ricevere di nuovo come
abitatore Colui che l’aveva creata.
Ora, avendo dato tutti i mezzi per salvare la nostra
abitazione, era decoroso per Noi mettere in salvo il Re che la doveva
abitare. Il nostro amore restò a metà
della sua corsa, inceppato, e come appeso ed arrestato nel suo cammino; perciò il Regno della nostra Volontà servirà
a mettere in salvo quel Fiat respinto
dalla creatura, a dargli l’entrata nella sua abitazione, a farlo regnare e
dominare da Sovrano qual è. Non sarebbe
opera degna della nostra Sapienza creatrice salvare le abitazioni e, Colui che
le deve abitare andare ramingo, all’aperto, senza regno e senza dominio. Salvare le abitazioni e non salvare Se
stesso, né potere abitare le abitazioni salvate, sarebbe assurdo, come se non
avessimo potenza sufficiente per salvarci Noi stessi; questo non sarà mai. Se
abbiamo avuto potenza di salvare la nostra opera creatrice, avremo potenza di
mettere in salvo la nostra vita nell’opera nostra.
Ah, sì, avremo il nostro Regno, faremo prodigi inauditi per
averlo! Il nostro amore compirà il suo
cammino, non resterà a metà, si sbarazzerà dai ceppi, continuerà la sua corsa
portando il balsamo alle ferite dell’umano volere, ornerà con fregi divini
queste abitazioni e col suo impero chiamerà il nostro Fiat ad abitare e regnare, dandogli tutti i diritti che gli sono
dovuti. Se non fosse certo il Regno
della mia Volontà, a che pro aggiustare, ripristinare le abitazioni?
Ah, figlia mia, tu non comprendi bene che significa il non
fare la nostra Volontà! Ci vengono
tolti tutti i diritti, Ci soffocano tante nostre vite divine. Il nostro Amore era ed è tanto, che in ogni
atto di creatura volevamo creare Noi stessi per farci amare, per farci
conoscere e per stare in continuo scambio di vita tra le creature e Noi. Fare ciò senza della nostra Volontà è
impossibile; Essa sola tiene potenza e
virtù di rendere la creatura adattabile per ricevere la nostra vita divina, e
mette in via il nostro Amore per crearci nell’atto della creatura.
Tu devi sapere che in ogni atto che la creatura fa nella
nostra Volontà, una forza irresistibile Ci chiama: la guardiamo, riflettiamo in essa, e con un amore che non Ci è
dato resistere creiamo la nostra vita;
e se tu sapessi che significa creare la nostra vita! Vi entra uno
sfoggio d’amore sì grande, che nella nostra enfasi d’amore diciamo: ‘Ah, la creatura Ci ha fatto formare la
nostra vita nell’atto suo!’ Sentiamo
parità d’amore, di santità, di gloria nostra, e restiamo con ansia ad aspettare
la continua ripetizione degli atti suoi nel nostro Volere, per ripetere la
nostra vita, per avere nell’atto suo Noi stessi che Ci amiamo, che Ci
glorifichiamo. Ed allora abbiamo il
vero scopo della Creazione: che tutto
serve a Noi; anche il più piccolo atto
della creatura serve per ripetere la nostra vita e per fare sfoggio del nostro
amore. Perciò il vivere nel nostro
Volere sarà tutto per Noi e tutto per la creatura”.
Preghiera
Mio tenero Bimbo Gesù, io desidero che Tu aprendo
i tuoi occhi alla luce di questo mondo, Ti veda circondato dalle falangi delle
opere tue, ciascuna delle quali Ti dica con me: “Ti amo, Ti amo, Ti
amo! Ti benedico, Ti ringrazio, Ti
adoro!”; con tutte loro vorrei
imprimere il mio primo bacio sulle tue labbra infantili!
Non appena fosti nato, Tu subito Ti rifugiasti tremante
fra le braccia della Mamma Celeste ed Ella Ti strinse al suo seno, Ti baciò, Ti
riscaldò, Ti nutrì col suo latte e Ti quietò il pianto.
Anch’io, Bambinello Gesù, voglio mettermi in
braccio alla Mamma tua e sullo stesso suo bacio io voglio deporre il mio; voglio far scorrere il mio Ti amo nel
suo latte verginale, per poterti nutrire col mio amore. Tutto ciò che Ella Ti fece, voglio fartelo
anch’io.
Mio amato Bambino, vedi, non sono sola; con me ho tutto: ho il sole per riscaldarti e, per asciugare le tue lacrime, tengo
tutte le opere tue. Tu vagisci e
singhiozzi, perché non Ti vedi amato;
ma io, col mio Ti amo voglio cantarti una nenia che Ti riconcili
il sonno, così mi riuscirà più facile invocare da Te, al tuo risveglio, il
Regno del tuo FIAT Divino.
(Cfr.: Il Pio Pellegrinaggio dell’anima
nell’Operato della Divina Volontà – Nona Ora)
nell’Operato della Divina Volontà – Nona Ora)
Il 16 Dicembre 1928
- Volume 25 - Luisa scrive:
Stavo facendo la meditazione e siccome
oggi incominciava la Novena al Bambino Gesù, stavo pensando ai nove eccessi che
Gesù con tanta tenerezza mi aveva narrato nella sua Incarnazione, che ci sono
scritti nel primo Volume, e sentivo grande ripugnanza di ricordarlo al
Confessore, perché lui mi aveva detto nel leggerli, che voleva leggerli in
pubblico nella nostra cappella. Ora
mentre ciò pensavo il mio Bambinello Gesù si faceva vedere nelle mie braccia
piccino, piccino, che carezzandomi colle sue piccole manine mi ha detto:
“Come è bella la piccola figlia mia! come
è bella! come devo ringraziarti che Mi hai ascoltato”.
Ed io:
‘Amor mio, che dici? io devo
ringraziare Te che mi hai parlato, e che con tant’amore facendomi da Maestro mi
hai dato tante lezioni che io non meritavo’.
E Gesù:
“Ah figlia mia, a quanti voglio parlare e
non Mi danno ascolto e Mi riducono al silenzio, ed a soffocare le mie fiamme. Sicché dobbiamo ringraziarci a vicenda, tu a
Me ed Io a te. E poi, perché vuoi
opporti alla lettura dei nove eccessi?
Ah! tu non sai quanta vita, quant’amore e grazia contengono! Tu devi sapere che la mia parola è
creazione, e nel narrarti i nove eccessi del mio amore nell’Incarnazione Io non
solo rinnovavo il mio amore che ebbi nell’incarnarmi, ma creavo nuovo amore per
investire le creature e vincerle a darsi a Me.
Questi nove eccessi del mio amore manifestatiti con tant’amore di
tenerezza e semplicità, formavo il preludio alle tante lezioni che dovevo darti
del mio Fiat Divino per formare il
suo Regno, ed ora col leggerli, il mio amore viene rinnovato e duplicato. Non vuoi tu dunque che il mio amore duplicandosi
straripa fuori ed investa altri cuori, affinché come preludio si dispongano
alle lezioni della mia Volontà per farla conoscere e regnare?”
Ed io:
‘Mio caro Bambino, credo che hanno parlato tanti della tua
Incarnazione’.
E Gesù:
“Sì, sì hanno parlato, ma sono state parole prese dalla ripa del mare
del mio amore, quindi sono parole che non posseggono né tenerezze, né pienezza
di vita. Invece quelle poche parole che
ho detto a te, te le ho detto da dentro la vita della sorgente del mio Amore, e
contengono vita, forza irresistibile e tenerezze tali che soli i morti non
sentiranno muoversi a pietà di Me, piccolo Piccino, che tante pene soffrì fin
dal seno della Mamma Celeste”.
Dopo di ciò si leggeva in cappella dal
Confessore il primo eccesso dell’amore di Gesù nell’Incarnazione, ed il mio
dolce Gesù da dentro il mio interno tendeva le orecchie per ascoltare, e tirandomi
a Sé mi ha detto:
“Figlia mia, quanto Mi sento felice
nell’ascoltarli, ma la mia felicità si accresce nel tener te in questa Casa della
mia Volontà[3],
che tutti e due siamo ascoltatrici, Io di ciò che ti ho detto e tu di ciò che
da Me hai ascoltato; il mio Amore si
gonfia, bolle e straripa, senti, senti com’è bello! La parola contiene il fiato e come si parla, la parola porta il
fiato, che come aria gira di bocca in bocca, e comunica la forza della mia
parola creatrice, e scende nei cuori la nuova Creazione che la mia parola
contiene. Senti figlia mia, nella Redenzione ebbi il corteggio dei miei
Apostoli, ed Io in mezzo a loro ero tutt’amore per istruirli, non risparmiavo
fatica, per formare il fondamento della mia Chiesa. Ora in questa Casa sento il corteggio dei primi figli del mio Volere
e sento ripetere le mie scene amorose nel veder te in mezzo ad essi, che con
tutt’amore vuoi impartire le lezioni sul mio Fiat Divino per formare le fondamenta del Regno della mia Divina Volontà. Se tu sapessi come Mi sento felice nel
sentirti parlare del mio Voler Divino, aspetto con ansia quando prendi la
parola per ascoltarti, per sentire la felicità che Mi porta la mia Divina
Volontà”.
Conclusione della Novena
Così passai i
giorni della Novena (scrive Luisa). Mentre giunse la vigilia mi sentivo più che
mai accesa d’insolito fervore e vi stavo sola nella stanza, ed eccomi che mi si
fa dinanzi il Bambinello Gesù, tutto bello, sì, ma tremante, in atto di volermi
abbracciare, ed io mi alzai e corsi per abbracciarlo, ma nell’atto di
stringerlo mi scomparve; e questo si
ripetè per ben tre volte. Restai tanto
commossa e accesa, che non so spiegarlo.
* * *
Da una lettera di
Sant’Annibale Maria Di Francia a Luisa:
J.M.J.A.
Messina, 14 Febbraio 1927
Stimatissima nel Signore,
…vi dico pure che a leggere i nove Esercizi di Natale, di cui già
abbiamo in pronto le bozze, si resta esterrefatti dell’immenso Amore e
dell’immenso patire di Nostro Signore Gesù Cristo benedetto per nostro amore,
per la salute delle anime. In nessun
libro ho letto, sul proposito, una Rivelazione così toccante e penetrante!…
* * *
Giorno della FESTA
Solennità del S. Natale di NSGC
Dal Libro
di Cielo
Volume 17 - Dicembre 24, 1924
Volume 17 - Dicembre 24, 1924
[…] (Scrive Luisa:) Nella notte, stavo pensando all’atto quando il dolce
Bambinello uscì dal seno materno per nascere in mezzo a noi. La mia povera mente si perdeva in un mistero
sì profondo e tutto amore, ed il mio dolce Gesù, muovendosi nel mio interno, ha
messo fuori le sue piccole manine per abbracciarmi e mi ha detto:
“Figlia mia, l’atto del mio nascere fu l’atto più solenne di
tutta la Creazione; Cielo e terra
sentivano sprofondarsi nella più profonda adorazione alla vista della mia
piccola Umanità, che teneva come murata la mia Divinità. Sicché nell’atto del mio nascere ci fu un
atto di silenzio e di profonda adorazione e preghiera. Pregò la mia Mamma e restò rapita per la
forza del prodigio che da Lei usciva;
pregò San Giuseppe, pregarono gli Angeli e la Creazione tutta: sentivano la forza dell’amore della mia
Potenza creatrice rinnovata su di loro.
Tutti si sentivano onorati e ricevevano il vero onore, che Colui che li
aveva creati doveva servirsi di loro per ciò che occorreva alla sua
Umanità. Si sentì onorato il sole nel
dover dare la sua luce e calore al suo Creatore: riconosceva Colui che lo aveva creato, il suo vero Padrone e Gli
faceva festa ed onore col dargli la sua luce.
Si sentì onorata la terra quando Mi sentì giacente in una mangiatoia, si
sentì toccata dalle mie tenere membra e tripudiò di gioia con segni
prodigiosi. Tutta la Creazione vedevano
il loro vero Re e Padrone in mezzo a loro, e sentendosi onorati, ognuno voleva
prestarmi il suo uffizio: l’acqua
voleva dissetarmi, gli uccelli coi loro trilli e gorgheggi volevano ricrearmi,
il vento voleva carezzarmi, l’aria voleva baciarmi, tutti volevano darmi il
loro innocente tributo.
Solo l’uomo, ingrato, ad onta che tutti sentirono in loro
una cosa insolita, una gioia, una forza potente, furono restii, e soffocando
tutto non si mossero, e ad onta che li chiamavo con le lacrime, coi gemiti e
singhiozzi, non si mossero, eccettuati alcuni pochi pastori. Eppure era per l’uomo che venivo sulla
terra! Venivo per darmi a lui, per
salvarlo e per riportarmelo nella mia Patria Celeste. Quindi, ero tutt’occhio per vedere se mi veniva innanzi per
ricevere il gran dono della mia Vita Divina ed umana. Sicché l’Incarnazione non fu altro che un darmi in balia della
creatura. Nell’Incarnazione Mi diedi in
balia della mia cara Mamma; nel nascere
si aggiunse San Giuseppe, cui feci dono della mia Vita. E siccome le mie opere sono eterne e non soggette
a finire, questa Divinità, questo Verbo che scese dal Cielo, non Si ritirò più
dalla terra, per avere occasione di darmi continuamente a tutte le
creature. Finché vissi Mi diedi svelatamente,
e poi, poche ore prima di morire feci il gran prodigio di lasciarmi
Sacramentato, perché chiunque Mi volesse potesse ricevere il gran dono della
mia Vita. Non badai né alle offese che
Mi avrebbero fatte, né ai rifiuti di non volermi ricevere; dissi tra Me: ‘Mi sono dato, non voglio più ritirarmi; Mi facciano pure quello che vogliano, ma
sarò sempre di loro e a loro disposizione’.
Figlia, questa è la natura del vero amore, l’operare da
Dio: la fermezza ed il non ritirarsi a
costo di qualunque sacrifizio. Questa
fermezza nelle mie opere è la mia vittoria e la più grande della mia
gloria; ed è questo il segno se la
creatura opera per Dio: la
fermezza. L’anima non guarda in faccia
a nessuno, né alle pene, né a sé stessa, né alla sua stima, né alle
creature; ad onta che le costi la
propria vita, lei guarda solo Iddio, per cui si è prefissa di operare per amor
suo, e si sente vittoriosa di mettere il sacrifizio della sua vita per amor
suo. Il non essere fermo è della natura
umana e dell’operare umanamente; il non
essere fermo è l’operare delle passioni e con passione; la mutabilità è debolezza, è viltà, e non è
della natura del vero Amore. Perciò la
fermezza dev’essere la guida d’operare per Me.
Perciò nelle mie opere non Mi cambio mai: siano quel che siano gli eventi, fatta un’opera una volta è fatta
per sempre”.
Volume 30 - Dicembre
25, 1931
Stavo pensando alla nascita del
Bambinello Gesù - scrive ancora Luisa -,
specie nell’atto quando uscì dal seno materno, ed il Celeste Infante mi ha
detto:
“Figlia carissima, tu devi sapere che non
appena Mi sprigionai dal seno della Mamma mia, sentii il bisogno d’un amore ed
affetto divino. Io lasciai il mio Padre
Celeste nell’empireo, che Ci amavamo con amore tutto divino; tutto era divino tra le Divine Persone: affetti, santità, potenza e così di
seguito. Ora, Io non volli cambiare
modi venendo sulla terra. La mia Divina
Volontà Mi preparò la Madre divina in modo che ebbi Padre Divino in Cielo e Madre
divina in terra; e come uscii dal seno
materno, sentendo estremo bisogno di questi affetti divini, corsi nelle braccia
della Mamma mia per ricevere come il primo cibo, il primo respiro, il primo atto
di vita alla mia piccina Umanità, il suo amore divino, e Lei sprigionò i mari
d’amore divino che il mio Fiat aveva formato in Essa e Mi amò con amore divino
come Mi amava il mio Padre nel Cielo.
Ed oh, come fui contento! Trovai
il mio Paradiso nell’amore della Mamma mia.
Ora tu sai che il vero amore non dice
mai: ‘Basta’; se potesse dire: ‘Basta’,
perderebbe la natura del vero amore divino.
E perciò fin dalle braccia della Madre mia, mentre Mi prendevo il cibo,
il respiro, l’amore, il Paradiso che Lei Mi dava, il mio amore si stendeva, si
faceva immenso, abbracciava i secoli, rintracciava, correva, chiamava,
delirava, che voleva le figlie divine;
e la mia Volontà per quietare il mio amore Mi presentò le figlie divine
che coll’andare dei secoli Mi avrebbe formato.
Ed Io le guardai, le abbracciai, le amai e ricevetti il respiro dei loro
affetti divini; e vidi che la Regina
divina non sarebbe restata sola, ma avrebbe avuta la generazione delle mie e
delle sue figlie divine.
La mia Volontà sa mutare e dare la
trasformazione e formare il nobile innesto da umano in divino; perciò quando ti vedo operare in Essa, Mi
sento dare e ripetere il Paradiso che Mi diede la Mamma mia quando Bambinello
Mi ricevette nelle sue braccia. Perciò
chi fa e vive nella mia Divina Volontà fanno sorgere e formano la dolce e bella
speranza che il suo Regno verrà sulla terra, ed Io Mi [beo] nel paradiso della
creatura che il mio Fiat ha formato in loro”.
E mentre la mia mente continuava a
pensare ciò che Gesù mi aveva detto -
continua Luisa -, con un amore più intenso e tenero ha soggiunto:
“Mia buona figlia, il nostro Amore corre
continuamente verso la creatura. Il
nostro moto amoroso che non cessa mai corre nel palpito del cuore, nei pensieri
della mente, nel respiro dei polmoni, nel sangue che circola; corre, corre sempre e vivifica colla nostra
nota e moto d’amore, il palpito, il pensiero, il respiro, e vuole l’incontro
dell’amore palpitante del respiro amante, del pensiero che riceve e Ci dà
amore. E mentre il nostro Amore corre
con rapidità inarrivabile, l’amore della creatura non s’incontra col nostro, si
resta dietro e non segue la corsa del nostro Amore che corre senza mai
arrestarsi; e non vedendoci neppure
seguire, mentre continuiamo a girare nel palpito, nel respiro, in tutto
l’essere della creatura, deliranti esclamiamo:
‘Il nostro Amore non è conosciuto né ricevuto né amato dalla creatura, e
se lo riceve è senza conoscerlo. Oh,
come è duro amare e non essere amato!’
Eppure se il nostro Amore non corresse,
cesserebbe all’istante la vita di esse.
Succederebbe come all’orologio:
se c’è la corda, fa sentire il suo tic, tic, e
mirabilmente segna le ore ed i minuti e serve a mantenere l’ordine del giorno,
l’ordine pubblico. Se cessa la corda,
il tic, tic non si sente più, resta fermato come senza vita, e ci
possono essere molti disordini per causa che l’orologio non cammina.
La corda della creatura è il mio Amore,
che come corre questa corda celeste, palpita il cuore, circola il sangue, forma
il respiro; questi si possono chiamare
le ore, i minuti, gli istanti dell’orologio della vita della creatura; e nel vedere che se non faccio correre la
corda del mio amore non possono vivere e[p]pure non sono riamato, il mio amore
continua la sua corsa, ma atteggiandosi ad amore dolorante e delirante.
Ora, chi Ci toglierà questo dolore e
raddolcirà il nostro delirio amoroso?
Chi terrà per vita la nostra Divina Volontà. Essa come vita formerà la corda nel palpito, nel respiro e così
di seguito, in ogni atto della creatura, formerà il dolce incanto col nostro
amore, e la nostra corda e la loro cammineranno di pari passi. Il nostro tic continuo sarà seguito
dal tic di esse, ed il nostro amore non sarà più solo nel correre, ma
avrà la corsa insieme colla creatura.
Perciò non voglio altro che Volontà mia,
Volontà mia nella creatura!”
Dal Volume 20 - Dicembre
25, 1926
Luisa,
scrive:
Stavo con ansia aspettando il Bambinello Gesù e dopo molti
sospiri finalmente è venuto, e gettandosi da piccolo Bambinello nelle mie
braccia mi ha detto:
“Figlia mia, vuoi tu vedere come Mi vide la mia inseparabile
Mamma quando uscii dal seno materno?
Guardami e vedi”.
Io l’ho guardato e lo vedevo piccolo Bambinello di una
bellezza rara e rapitrice. Da tutta la
sua piccola Umanità, dagli occhi, dalla bocca, dalle mani e piedi uscivano
raggi fulgidissimi di luce, che non solo involgevano Lui ma si allungavano
tanto da poter ferire ogni cuore di creatura come per darle il primo saluto
della sua venuta sulla terra, il primo picchio per bussare ai cuori, per farsi
aprire e chiedere un ricetto in loro.
Quel picchio era dolce ma penetrante, però siccome era picchio di luce
non faceva strepito ma si faceva sentire forte più di qualunque rumore. Sicché in quella notte tutti sentivano una
cosa insolita nei loro cuori, ma pochissimi furono quelli che aprirono i loro
cuori per dargli un piccolo alloggio.
Ed il tenero Infante nel sentirsi non ricambiato nel saluto, né aperto
dai suoi ripetuti passi, incominciò il suo pianto con le labbra livide e
tremanti dal freddo, singhiozzava, vagiva e sospirava; ma mentre la luce che usciva da Lui faceva
tutto ciò con le creature avendo i primi rifiuti, con la sua Mamma Celeste,
appena uscito dal suo seno, si gettò nelle sue braccia materne per dargli il
primo abbraccio, il primo bacio, e siccome le sue piccole braccia non giungevano
ad abbracciarla tutta, la luce che usciva dalle sue manine la cinse tutta in
modo che Madre e Figlio restarono investiti della stessa luce. Oh! Come la Mamma Regina ricambiò il Figlio
col suo abbraccio e bacio, in modo che restarono tanto stretti insieme che
parevano uno fuso nell’altro! Col suo amore
ricambiò il primo rifiuto ricevuto da Gesù dai cuori delle creature, ed il suo
vezzoso Bambinello depose il suo primo atto di nascere nel Cuore della sua
Mamma, le sue grazie, il suo primo dolore, per fare che ciò che si vedeva nel Figlio
si potesse vedere nella sua Mamma.
Onde dopo di ciò il grazioso Bambinello è venuto nelle mia
braccia e stringendomi forte mi sentivo che Lui entrasse in me ed io in Lui e
poi mi ha detto:
“Figlia mia, ti ho voluto abbracciare come abbracciai la mia
cara Mamma appena nato, affinché anche tu ricevi il mio primo atto di nascere
ed il mio primo dolore, le mie lacrime, i miei teneri vagiti, affinché ti muovi
a compassione del mio stato doloroso della mia nascita. Se non avessi la mia Mamma in cui deporre
tutto il bene della mia nascita ed affidare in Lei la luce della mia Divinità
che Io Verbo del Padre contenevo non avrei trovato nessuno, né dove deporre il
tesoro infinito della mia nascita, né dove affissare la luce della mia Divinità
che dalla mia piccola Umanità traspariva fuori. Perciò vedi come è necessario che quando si decide dalla Maestà Suprema
un bene grande da fare alle creature che può servire come bene universale, che
scegliamo una da darle tanta grazia da poter ricevere tutto in sé quel bene che
dovevano ricevere tutti gli altri, perché se gli altri non lo ricevono in tutto
o in parte l’opera nostra non rimanga sospesa e senza il suo frutto, ma l’anima
eletta riceva tutto in sé quel bene, e l’opera nostra riceva il ricambio del
frutto. Sicché la Mamma mia fu non solo
la depositaria della mia vita, ma di tutti gli atti miei. Quindi in tutti gli atti miei, prima vedevo
se potevo depositarli in Lei e poi li facevo.
Onde in Lei depositai le mie lacrime, i miei vagiti, il freddo e le pene
che pativo ed Essa faceva l’eco a tutti gli atti miei e con incessanti
ringraziamenti riceveva tutto: c’era
una gara tra Madre e Figlio, Io a dare e Lei a ricevere. Questa mia piccola Umanità facendo il primo
ingresso sulla terra, la mia Divinità volle trasparire fuori di Essa per girare
ovunque e fare la prima visita sensibile a tutta la Creazione. Cieli e terra tutti ricevettero questa vista
del loro Creatore allinfuori dell’uomo.
Mai avevano ricevuto tanto onore e gloria come quando si videro in mezzo
a loro il loro Re, il loro Fattore, cui tutti si sentivano onorati che dovevano
servire Colui da cui avevano ricevuto l’esistenza, perciò tutti fecero
festa. Perciò la mia nascita da parte
della mia Mamma e di tutta la Creazione Mi fu di grande gioia e gloria, da
parte delle creature Mi fu di grande dolore.
Ecco perciò son venuto da te per sentirmi ripetere le gioie della mia
Mamma e deporre in te il frutto della mia nascita”.
Onde dopo di ciò stavo pensando com’era infelice quella
grotta dove il Bambinello Gesù era nato, com’era esposta a tutti i venti, al
freddo, da intirizzire dal gelo, invece di uomini c’erano le bestie, che Gli
facevano compagnia; perciò pensavo
quale potesse essere più infelice e dolorosa:
la prigione della notte della sua Passione o la grotta di Betlemme? Ed il mio dolce Bambino ha soggiunto:
“Figlia mia, non c’è da paragonarsi l’infelicità della
prigione della mia Passione, colla grotta di Betlemme. Nella grotta tenevo la mia Mamma vicino,
anima e corpo, era insieme con Me quindi tenevo tutte le gioie della mia cara
Mamma, e Lei teneva tutte le gioie di Me Figlio suo che formavano il nostro
Paradiso; le gioie di madre col
possedere il figlio sono grandi, le gioie di possedere una madre sono più grandi
ancora; Io trovavo tutto in Lei e Lei
trovava tutto in Me. Poi c’era il mio
caro Padre S. Giuseppe che Mi faceva da Padre ed Io sentivo tutte le sue gioie
che sentiva per causa mia. Invece nella
mia Passione furono tutte interrotte le nostre gioie, perché dovevamo dare
luogo al dolore, e sentivamo tra Madre e Figlio il grande dolore della vicina
separazione, almeno sensibile, che doveva succedere colla mia morte. Nella grotta le bestie Mi riconobbero e
onorandomi cercavano di riscaldarmi col loro fiato; nella prigione neppure gli uomini Mi riconobbero e per insultarmi
Mi coprirono di sputi e di obbrobri;
perciò non c’è da paragonarsi l’una coll’altra”.
E nel Volume 4,
il 25 dicembre 1900, Luisa ci racconta come lei stessa ha visto la Nascita di Gesù:
Mi son sentita fuori di me stessa -
scrive -, e dopo aver girato mi son trovata dentro d’una spelonca, ed ho visto
la Regina Mamma che stava nell’atto di dare alla luce il Bambinello Gesù. Che stupendo prodigio! Mi pareva che tanto la Madre quanto il
Figlio erano trasmutati in luce purissima, ma in quella luce si scorgeva
benissimo la natura umana di Gesù, che conteneva in sé la Divinità, che Gli
serviva come di velo per coprire la Divinità, in modo che squarciando il velo
della natura umana era Dio, e coperto con quel velo era Uomo. Ed ecco il prodigio dei prodigi: Dio e Uomo, Uomo e Dio!, che senza lasciare
il Padre e lo Spirito Santo viene ad abitare con noi e prende carne umana,
perché il vero amore non si disunisce giammai.
Ora, mi è parso che la Madre ed il
Figlio, in quel felicissimo istante, sono restati come spiritualizzati, e senza
il minimo intoppo Gesù è uscito dal seno Materno, traboccando ambedue in un
eccesso d’amore; ossia quei santissimi
corpi trasformati in Luce, senza il minimo impedimento Gesù Luce è uscito da
dentro la luce della Madre, restando sano ed intatto sia l’Uno che l’Altra,
ritornando poscia allo stato naturale.
Ma chi può dire la bellezza del Bambinello, che in quel momento dal suo
nascere trasfondeva anche esternamente i raggi della Divinità? Chi può dire la bellezza della Madre che ne
restava tutta assorbita in quei raggi divini?
E san Giuseppe? Mi pareva che
non fosse presente nell’atto del parto, ma che se ne stava ad un altro cantone
della spelonca, tutto assorto in quel profondo mistero, e se non vide cogli
occhi del corpo, vide benissimo cogli occhi dell’anima, perché se ne stava rapito
in estasi sublime.
Or nell’atto che il Bambinello uscì alla
luce, io avrei voluto volare per prenderlo fra le mie braccia, ma gli Angeli
m’impedirono, dicendomi che toccava alla Madre l’onore di prenderlo per
prima. Onde la Vergine Santissima come
scossa è ritornata in Sé, e dalle mani d’un Angelo ha ricevuto il Figlio nelle
braccia, L’ha stretto tanto forte nella foga dell’amore in cui si trovava, che
pareva che volesse inviscerarlo di nuovo, poi volendo dare uno sfogo al suo
ardente amore, L’ha messo a succhiare alle sue mammelle. In questo mentre io me ne stavo tutta annichilita,
aspettando che fossi chiamata, per non ricevere un altro rimprovero dagli
Angeli. Onde la Regina mi ha detto: “Vieni, vieni a prendere il tuo Diletto e
godilo anche tu, sfoga con Lui il tuo amore”.
E così dicendo io mi sono avvicinata e la Mamma e me L’ha dato in
braccio. Chi può dire il mio contento,
i baci, gli stringimenti, le tenerezze?
Dopo che mi son sfogata un poco, Gli ho detto: “Diletto mio, Voi avete succhiato il latte dalla nostra Mamma,
fate a me parte”. E Lui, tutto
condiscendendo, dalla sua bocca ha versato parte di quel latte nella mia, e dopo
mi ha detto:
“Diletta mia, Io fui concepito unito al
dolore, nacqui al dolore e morii nel dolore, e coi tre chiodi che Mi
crocifissero, inchiodai le tre potenze:
intelletto, memoria e volontà, di quelle anime che bramano d’amarmi, facendole
restare attirate tutte a Me, perché la colpa le aveva rese inferme e disperse
dal loro Creatore, senza nessun freno”.
E mentre ciò diceva, ha dato uno sguardo al mondo ed ha cominciato a
piangere le sue miserie. Io, vedendolo
piangere ho detto: “Amabile Bambino,
non funestate una notte sì lieta, col vostro pianto, a chi Vi ama; invece di dare sfogo al pianto, diamo sfogo
al canto”. E sì dicendo ho cominciato a
cantare, Gesù si è distratto a sentirmi cantare, ed ha cessato dal piangere e,
finendo il mio verso, ha cantato il suo, con una voce tanto forte ed armoniosa,
che tutte le altre voci scomparivano alla sua voce dolcissima. Dopo ciò, ho pregato il Bambino Gesù per il
mio confessore e per quelli che mi appartengono, ed infine per tutti, e Lui
pareva tutto condiscendente. In questo
mentre mi è scomparso, ed io sono ritornata in me stessa.
Dal Volume 4 -
Dicembre 26, 1900
Continuando a vedere il Santo Bambino, vedevo la Regina Madre da una
parte e san Giuseppe dall’altra, che stavano adorando profondamente l’Infante
Divino. Stando tutta intenta in Lui, mi
pareva che la continua presenza del Bambinello li teneva assorti in estasi
continuo, e se operavano era un prodigio che il Signore operava in loro,
altrimenti sarebbero restati immobili senza potere esternamente accudire ai
loro doveri. Anch’io vi ho fatto la mia
adorazione e mi son trovata in me stessa.
Dal Volume 36 -
Dicembre 25, 1938
[…] Onde (scrive ancora Luisa) continuavo a
pensare alla discesa del Verbo Divino, e dicevo tra me: “Come mai può nascere Gesù nelle anime
nostre?” Ed il caro Bambino ha soggiunto:
“Figlia mia, è la cosa più facile il farmi nascere, molto
più che Noi non sappiamo fare cose difficili, la nostra Potenza facilita
tutto; purché la creatura viva nel
nostro Volere, tutto è fatto. Come vuol
vivere di Esso, già forma l’abitazione al tuo piccolo Gesù; come vuol dare principio a fare i suoi atti,
così Mi concepisce, e come compie il suo atto Mi fa nascere; come ama nel mio Volere, così Mi veste di
luce e Mi riscalda delle tante freddezze delle creature, ed ogni qual volta Mi
dà la sua volontà e prende la mia, Io Mi trastullo e formo il mio giuoco, e
canto vittoria d’aver vinto l’umano volere, Mi sento il piccolo Re vincitore.
Vedi dunque, figlia mia, com’è facile da parte del tuo
piccolo Gesù? Perché quando troviamo la
nostra Volontà nella creatura possiamo far tutto, Essa Ci somministra tutto ciò
che ci vuole e vogliamo per formare la nostra vita e le nostre opere più
belle. Invece quando non vi è il nostro
Volere restiamo inceppati: dove Ci
manca l’amore, dove la santità, dove la potenza, dove la purezza e tutto ciò
che occorre per rinascere e formare la nostra vita in loro. Perciò il tutto sta da parte delle creature,
che da parte nostra Ci mettiamo a sua disposizione.
Oltre di ciò, nella mia nascita la mia Mamma divina Mi formò
una bella sorpresa: coi suoi atti, col
suo amore, colla vita della mia Volontà che possedeva, Mi formò il mio Paradiso
in terra; non faceva altro che intrecciare
col suo amore tutta la Creazione: e
dove stendeva mari di bellezze per farmi godere le nostre bellezze divine
dentro delle quali splendeva la sua beltà - com’era bella la Mamma mia nel
trovarla nella Creazione tutta, che Mi faceva godere la sua beltà e la bellezza
dei suoi atti! -, dove stendeva il suo mare d’amore per farmi trovare che in
tutte le cose Mi amava, e trovavo il mio Paradiso d’amore in Essa e Mi
felicitavo e gioivo nei mari d’amore della Mamma mia. Ora, nel mio Volere Mi formava le musiche più belle, i concerti più
deliziosi, affinché al suo piccolo Gesù non gli mancassero le musiche della
Patria Celeste. A tutto ci pensò la mia
Mamma, affinché non Mi mancassero nulla dei godimenti del Paradiso
lasciato; non faceva altro, in tutti i
suoi atti, che formare gioie per rendermi felice. Al solo poggiarmi sul suo Cuore sentivo tali armonie e contenti,
che Mi sentivo rapire. La mia cara
Mamma col vivere nel mio Volere prendeva nel suo grembo il Paradiso e lo faceva
godere al Figlio suo, e tutti i suoi atti non Mi servivano ad altro che a
rendermi felice ed a raddoppiarmi il mio Paradiso in terra.
Ora, figlia mia, tu non sai un’altra sorpresa: chi vive nel mio Volere è inseparabile da
Me, ed ogni qual volta Io rinasco, rinasce insieme con Me. Sicché non sono mai solo, la faccio rinascere
insieme con Me alla vita divina; rinasce
al nuovo amore, alla nuova santità, alla nuova bellezza; rinasce nelle conoscenze del suo Creatore,
rinasce in tutti gli atti nostri, anzi in ogni atto che fa Mi chiama a
rinascere e forma un nuovo Paradiso al suo Gesù, ed Io la faccio rinascere
insieme con Me per renderla felice.
Felicitare chi vive insieme con Me è una delle mie gioie più grandi.
Perciò sii attenta a vivere nel mio Volere se vuoi rendermi
felice, se vuoi che negli atti tuoi trovo il mio Paradiso in terra, ed Io ci
penserò a farti godere il pelago delle mie gioie e felicità; ci renderemo felici a vicenda”.
Ed ecco la festa che la piccola figlia, Luisa, prepara al
Bambino Gesù: (Volume 25 - Dicembre 25, 1928)
Stavo pensando alla nascita del Bambino
Gesù, e Lo pregavo che venisse a nascere nella povera anima mia. E per inneggiare e fargli corteggio
nell’atto del suo nascere, mi fondevo nel Santo Divin Volere, e scorrendo in
tutte le cose create, volevo animare il cielo, il sole, le stelle, il mare, la
terra, e tutto, col mio Ti amo, volevo mettere tutte le cose create come
in aspettativa nell’atto di nascere Gesù, affinché tutti gli dicessero: ‘Ti amo e vogliamo il Regno del tuo Volere
sulla terra’. Ora mentre ciò facevo, mi
pareva che tutte le cose create si mettessero sull’attenti nell’atto di nascere
Gesù, e come il caro Bambino usciva dal seno della sua Mamma Celeste, il cielo,
il sole, e fin il piccolo uccellino come tutti in coro dicevano: ‘Ti amo e vogliamo il Regno della tua
Volontà sulla terra’; il mio Ti amo
nel Voler Divino scorreva in tutte le cose, perché in tutte la Divina Volontà
teneva la sua vita, e perciò tutti inneggiavano alla nascita del loro Creatore,
ed io vedevo il neonato Bambino, che slanciandosi nelle mie braccia tutto
tremante mi ha detto:
“Che bella festa Mi ha preparata la
piccola figlia del mio Volere! com’è
bello il coro di tutte le cose create che Mi dicono ‘Ti amo’ e vogliono che regni la mia Volontà! Chi vive in Essa tutto può darmi e può usare
tutti gli stratagemmi per rendermi felice, e farmi sorridere anche in mezzo
alle lacrime; perciò Io stavo
aspettandoti per avere una tua sorpresa d’amore, in virtù del mio Volere
Divino. Perché tu devi sapere, che la
mia vita sulla terra non fu altro che patire, operare e preparare tutto ciò che
doveva servire per il Regno della mia Divina Volontà, che dev’essere Regno di
felicità e di possedimento, perciò i miei lavori allora avranno i loro pieni
frutti e si cambieranno per Me e per le creature in dolcezze, in gioie ed in
possesso”.
Ora mentre ciò diceva mi è scomparso, ma
dopo poco è ritornato dentro d’una cullina d’oro, vestito con una piccola
vestitina di luce, ed ha soggiunto:
“Figlia mia, oggi è la mia Nascita e son
venuto per renderti felice colla mia presenza:
Mi sarebbe troppo duro non rendere felice in questo giorno chi vive
nella mia Divina Volontà, non darle il mio primo bacio e dirti ‘ti amo’, come
contraccambio del tuo, e stringendoti forte al mio piccolo Cuore, farti sentire
i miei palpiti che sprigionano fuoco, che vorrebbero bruciare tutto ciò che
alla mia Volontà non appartiene; ed il
tuo palpito facendo eco nel mio Mi ripete il tuo gradito ritornello: ‘La tua Volontà regna come in Cielo così in
terra’. Ripetilo sempre se mi vuoi
rendere felice e quietarmi il mio pianto infantile. Guarda il tuo amore Mi ha preparato la culla d’oro, e gli atti
nella mia Divina Volontà Mi hanno preparata la vestitina di luce, non ne sei
contenta?”
Dopo di ciò seguivo i miei atti nel Fiat
Divino riandando nell’Eden, nei primi atti della Creazione dell’uomo, ed il mio
dolce Gesù movendosi nel mio interno mi ha detto:
“Figlia mia,
Adamo, primo Sole umano, investito dal nostro Volere, i suoi atti erano più che
raggi di sole, che allungandosi ed allargandosi dovevano investire tutta
l’umana famiglia, in cui si dovevano vedere tanti in uno, come palpitanti in
questi raggi accentrati tutti nel centro di questo primo Sole umano, i quali
tutti dovevano tenere virtù di formare il loro Sole senza uscire dal vincolo
del primo Sole, perché avendo principio la vita di ciascuna da questo Sole,
ciascuno poteva essere Sole per sé stesso.
Come fu bella la creazione
dell’uomo! Oh! come superò tutto
l’universo intero! Il vincolo d’unione
di uno in tanti, era il più gran prodigio della nostra Onnipotenza, cui la
nostra Volontà Una, in Sé doveva mantenere l’inseparabilità di tutti, la vita
comunicativa ed unitiva di tutti.
Simbolo ed immagine della nostra Divinità, che siamo inseparabili, e che
sebbene siamo Tre Divine Persone, siamo sempre Uno, perché una è la Volontà,
una è la santità, la potenza nostra;
perciò viene guardato da Noi l’uomo sempre come se fosse uno solo, ad
onta che doveva tenere la sua generazione lunghissima, ma sempre accentrata
nell’uno; era l’Amore increato che
veniva da Noi creato nell’uomo e perciò doveva dar di Noi e rassomigliarsi a
Noi, e la nostra Volontà unica agente in Noi, doveva agire unica nell’uomo per
formare l’unità di tutti, ed il vincolo inseparabile di ciascuno. Perciò l’uomo col sottrarsi dal nostro Fiat
Divino si difformò e disordinò, e non sentì più la forza dell’unità ed
inseparabilità, né col suo Creatore, né con tutte le generazioni; si sentì come un corpo diviso e spezzato
nelle sue membra, che non possiede più tutta la forza del suo corpo
intero. Ecco perciò vuole entrare di
nuovo come atto primo nella creatura la mia Divina Volontà, per riunire le
membra spezzate, e dargli l’unità e l’inseparabilità come uscì dalle nostre
mani creatrici. Noi Ci troviamo nella
condizione di un artefice che ha fatto la sua bella statua da far stupire Cielo
e terra; l’artefice ama tanto questa
statua che vi ha messo la sua vita dentro di essa, sicché ogni atto o movimento
che essa fa, l’artefice sente in sé la vita, l’atto, il movimento della sua
bella statua. L’artefice l’ama con
amore di delirio, né sa distaccare il suo sguardo da essa, ma in tant’amore la
statua riceve un incontro, urta e resta spezzata nelle membra e nella parte
vitale che la teneva vincolata ed unita coll’artefice, quale non sarà il suo
dolore e che non farà costui per rifare la sua bella statua? Molto più che lui l’ama ancora, ed all’amore
delirante si è aggiunto l’amore dolorante.
Tale si trova la Divinità a riguardo dell’uomo. E’ il nostro delirio d’amore e di dolore che
vogliamo rifare la bella statua dell’uomo, e siccome l’urto successe nella
parte vitale della nostra Volontà, che lui possedeva, ristabilita Essa in lui,
la bella statua Ci sarà rifatta ed il nostro amore resterà appagato. Perciò non voglio altro da te, che la mia Divina
Volontà abbia la sua vita”.
Poi ha soggiunto con un accento più
tenero:
“Figlia mia, nelle cose create la
Divinità non creava l’amore, ma le sfioriture della sua Luce, della sua
Potenza, della sua Bellezza, eccetera.
Sicché si può dire che nel creare il cielo, le stelle, il sole, il
vento, il mare, la terra, erano le opere nostre che mettevamo fuori e le
sfioriture delle nostre belle Qualità.
Solo per l’uomo questo prodigio grandissimo di creare la vita, e la vita
del nostro Amore medesimo, e perciò è detto che fu creato a nostra immagine e
somiglianza. E perciò l’amiamo tanto,
perché è vita ed opera ch’è uscita da Noi, e la vita costa più che tutto”.
Nel Volume 35 - Dicembre 25, 1937 -,
Luisa scrive:
[…] Continuavo a pensare
alla nascita del Bambinello Gesù. E Lui
ha soggiunto:
“Figlia piccola del mio Volere, la festa della mia nascita fu la festa e
come l’inizio della festa della mia Divina Volontà. Come gli Angeli cantavano:
‘Gloria a Dio nei più alti dei Cieli e pace in terra agli uomini di
buona volontà’, gli Angeli, la Creazione, si atteggiò a festa; e mentre festeggiavano la mia nascita,
festeggiavano la festa della mia Divina Volontà, perché colla mia nascita
riceveva la vera gloria, fin nei più alti dei Cieli, la nostra Divinità. E gli uomini avranno la vera pace quando
riconosceranno la mia Volontà, Le daranno il dominio e La faranno regnare; allora
la loro volontà si farà buona, sentiranno la forza divina. Ed allora canteranno insieme Cieli e
terra: ‘Gloria a Dio nei più alti dei
cieli e pace in terra agli uomini che possederanno la Divina Volontà!’ Tutto si abbonerà in loro e possederanno la
vera pace”.
“Figlia mia, per chi fa la mia Volontà è sempre Natale. Come l’anima entra nel mio Volere, Io resto
concepito nel suo atto; come va
compiendo il suo atto, Io svolgo la mia Vita;
come lo finisce, Io risorgo e l’anima resta concepita in Me, svolge la
sua vita nella mia e risorge negli stessi atti miei. Vedi dunque che le feste natalizie sono per chi una volta
all’anno si prepara, si mette in grazia mia, quindi sente in sé qualche cosa di
nuovo della mia Nascita; ma per chi fa
la mia Volontà è sempre Natale, rinasco in ogni suo atto. Sicché tu vorresti che nascessi in te una
volta all’anno? No, no! Per chi fa la mia Volontà, la mia Nascita, la
mia Vita, la mia Morte e la mia Risurrezione devono essere un atto continuato,
non mai interrotto; altrimenti, quale
sarebbe la diversità, la smisurata distanza dalle altre santità?”
Volume 16, 26.12.1923
Volume 16, 26.12.1923
Appena
giunsero, i Santi Magi, nella
spelonca di Betlemme, il Bambino Gesù si
compiacque di far risplendere esternamente i raggi della Sua Divinità comunicandosi
ad essi in tre modi: con l’amore, con
la bellezza e con la potenza. Rimasero
allora così rapiti e sprofondati alla presenza del Bambino Gesù che, se il
Signore non avesse ritirati un’altra volta internamente i raggi della Sua
divinità, sarebbero rimasti lì per sempre senza potersi più muovere… Onde, appena il Bambino ritirò i raggi della
Sua Divinità, ritornarono in se stessi, ma stupefatti nel mirare un eccesso
d’amore sì grande, perché in quella Luce
il Signore aveva fatto loro capire il mistero dell’Incarnazione. Indi si alzarono ed offrirono i doni alla
Regina Madre, che s’intrattenne a lungo a parlare con loro… (Volume 4 – 6.1.1901)
[1] La prima
parte di ogni giorno della Novena è
tratta dal 1° Volume del Libro di Cielo,
di Luisa Piccarreta
[3] La ‘Casa della Divina Volontà’ fatta
costruire da Sant’Annibale Maria Di Francia (confessore straordinario di Luisa
e censore ufficiale dei suoi Scritti) per l’Istituto di Suore da lui fondato,
le Figlie del Divino Zelo. Sant’Annibale desiderava che Luisa abitasse
tra le sue suore, perché fosse loro di esempio di vita di Volontà Divina,
secondo gli Scritti sulla Divina Volontà che Gesù le aveva rivelato.
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