Tu devi sapere che il vivere nella nostra Volontà è un Dono che la nostra magnanimità vuol dare alle creature e con questo Dono la creatura si sentirà trasformata: da povero ricco, da debole forte, da ignorante dotto, da schiavo di vile passione, dolce e volontario prigioniero d’una Volontà tutta Santa che non lo terrà prigioniero, ma re di se stesso, dei domini divini e di tutte le cose create. Il gran Dono della nostra Volontà, dato come dono, cambierà la sorte infelice delle umane generazioni, menoché chi volontariamente vuol restare nella sua infelicità, molto più che questo Dono fu dato all’uomo nel principio della sua Creazione ed, ingrato, lo respinse col fare la sua volontà, sottraendosi dalla Nostra.Ora, chi si dispone a fare il nostro Volere prepara il posto, la decenza, la nobiltà dove poter mettere questo Dono sì grande ed infinito; le nostre conoscenze sul Fiat aiuteranno e prepareranno in modo sorprendente a ricevere questo Dono e, ciò che non hanno ottenuto fin oggi lo potranno ottenere domani.

domenica 17 febbraio 2013

QUARANTA SECOLI..QUARANTA ANNI..., QUARANTA GIORNI...,


Dal Volume 22 del ‘Libro di Cielo’  -  Settembre 8, 1927
Tutta la Creazione è fissata in Dio
ed è relatore dell’Ente Supremo. 
Dolore sofferto in modo divino in Gesù e in Maria. 
Significato dei quaranta giorni di Gesù nel deserto.

Continuo il mio volo nel Supremo Volere, il quale tenendo come nel proprio pugno tutta la Creazione, sono costretta a sorvolare da una cosa creata all’altra, per rintracciare quella gloria che posso dare al mio Creatore per mezzo di esse e per ricambiarlo col mio amore per tutto ciò che ha fatto per amor mio e di tutti.  Ora, mentre ciò facevo, il mio amato Gesù Si è mosso nel mio interno e mi ha detto: 
“Figlia mia, quando la nostra Divinità creò tutta la Creazione, la restò[1] tutta vincolata in Sé.  Sicché si può dire che il cielo tiene il suo rapporto con Dio, in Dio è fissato e da dentro Dio spande la sua immensità;  le stelle sono vincolate in Dio e da dentro Dio ornano d’oro la volta del firmamento;  in Dio è vincolato il sole e dal Seno divino spande la sua luce che investe tutta la terra.  Non c’è cosa creata che non tiene i suoi vincoli in Dio, e mentre escono fuori, da Dio non si partono.  Dio è geloso degli atti suoi e li ama tanto che non permette che siano separati da Lui, e perciò li tiene tutti fissati in Sé come gloria perenne degli stessi suoi atti, come relatori del suo Essere alle creature, che con voce muta, parlano coi fatti chi è Colui che li ha creati.  Dicono coi fatti che è Luce purissima ed interminabile, Amore che mai si estingue, occhio che tutto vede e tutto sente e penetra;  ciò lo dice il sole.  Dicono ancora le cose create:  ‘Guardateci e coi fatti vi diremo - e perciò non parliamo, perché i fatti sono più delle parole -:  [Dio] è Potenza che tutto può, è Immensità che tutto involge, è Sapienza che tutto ordina, è Bellezza che tutto rapisce’.  La Creazione è la continua narrazione dell’Ente Supremo, da cui riceve vita continua.  Onde, come tu giri da una cosa creata all’altra resti vincolata per mezzo di esse col tuo Creatore e ricevi i rapporti di luce, di amore, di potenza, eccetera, che ciascuna possiede”.
Ond’io nel sentir ciò ho detto:  ‘Amor mio, le cose create non hanno ragione, come possono darmi i loro rapporti e darmi tanta gloria?’
E Gesù ha soggiunto: 
“Figlia mia, le cose create stanno in rapporto e vincolate con Me, come le membra al capo, ed agiscono come le membra che hanno vita dal capo.  Vedi, tu hai le mani, i piedi, essi non hanno ragione, né parlano, ma perché hanno vita dal capo le mani operano, i piedi camminano, a disposizione di ciò che vuole il capo, e formano la sua più grande gloria.  Allora le mani ed i piedi non avrebbero né opere, né passi quando fossero recisi dal capo, perché perderebbero la vita che gli comunicava il capo.  Così è di tutta la Creazione;  sebbene non hanno né ragione, né parola, siccome sono unite con Dio, come le membra al capo, essa riceve la vita dal suo Creatore e perciò sono operanti tutte le cose create, ed i loro atti sono incessanti e stanno a nostra disposizione, più di quanto tu hai le tue membra a disposizione del tuo capo.  Come le tue mani hanno virtù di comunicare le tue opere alle altre creature, così le cose create hanno virtù di comunicare il bene che possiedono alle creature.  Ed a chi vive nel mio Volere Divino, essendo con lei una la Volontà che le anima, sentono che appartiene al corpo di tutta la Creazione e perciò le comunicano tutti i loro rapporti che hanno col Capo, e con grande amore se la vincolano con esse.  Perciò sii costante nel vivere nella mia Divina Volontà, se vuoi fare vita comune col tuo Gesù e con la Creazione tutta e darmi tutta la gloria che incessantemente Mi danno tutte le opere mie”.
Dopo di ciò stavo seguendo il Santo Volere nell’atto quando il mio dolce Gesù si separò dalla Sovrana Regina per andare nel deserto, e mentre compativo l’uno e l’altro pensavo tra me:  Come potette separarsi la mia Sovrana Regina per ben quaranta giorni dal suo caro Figlio?  Lei che Lo amava tanto, come potette fare a stare senza di Lui?   Io che non ho il suo amore, soffro tanto per alcuni giorni che mi priva di Lui;  che potette essere della Mamma mia?”  Ora, mentre ciò pensavo, il mio adorato Gesù Si è mosso nel mio interno e mi ha detto: 
“Figlia mia, ambedue soffrimmo nel separarci, ma il nostro dolore fu sofferto in modo divino, non umano e perciò non si disgiunse né dalla felicità, né dalla pace imperturbabile.  Felice Io partii al deserto, felice restò l’Altezza della mia Mamma Celeste, perché il dolore sofferto nel modo divino, non ha virtù di adombrare menomamente la divina felicità, che contiene mari di gioie e di pace interminabili.  Sono come le goccioline di acqua nell’immenso mare i dolori sofferti nel modo divino, cui[2] la forza delle onde hanno virtù di cambiarle in felicità.  Il dolore sofferto in modo umano ha virtù di spezzare la vera felicità e di turbare la pace, il divino non mai.  Molto più che la mia Mamma Regina possedeva il Sole della mia Volontà per grazia, ed Io lo possedevo per natura.  Sicché il Sole restò in Lei e restò in Me, ma i raggi non si separarono perché la luce è inseparabile.  Perciò nella stessa luce Lei restò in Me e seguiva gli atti miei, ed Io restai in Lei, come suo centro di vita.  Quindi la separazione mentre era vera, fu apparente;  in sostanza eravamo fusi insieme ed inseparabili, perché la Luce della Volontà Divina metteva in comune gli atti nostri come se fossero uno solo.
E poi Io andai nel deserto per richiamare quella mia stessa Volontà Divina che per quaranta secoli le creature avevano disertato da mezzo a loro;  ed Io per quaranta giorni volli starmene solo, per riparare i quaranta secoli di volontà umana in cui la Mia non aveva posseduto il suo Regno in mezzo alla umana famiglia, e colla mia stessa Volontà Divina La volli richiamare di nuovo in mezzo a loro per fare che regnasse.  Nel ritornare dal deserto la depositai nella Mamma mia, con tutti quegli atti di Volontà Divina che le creature avevano respinto e tenuto come in deserto, affinché fosse Lei la fedele depositaria, la riparatrice e la Imperatrice del Regno della mia Volontà.  Solo la Sovrana Signora poteva possedere questo deposito sì grande, perché possedeva in Sé la stessa Volontà Divina in cui poteva contenere la stessa Volontà disertata dalla creatura.  Come potevamo occuparci del nostro dolore di separarci per quaranta giorni, quando si trattava di reintegrare, di richiamare la nostra Divina Volontà a regnare in mezzo alle creature?  Nel nostro dolore eravamo più che felici perché volevamo mettere in salvo il Regno del Fiat Supremo, e la Celeste Regina stava aspettando con ansie il mio ritorno per ricevere il deposito del nuovo Sole, per contraccambiare col suo amore tutti i suoi atti, che l’ingratitudine umana aveva respinti.  Essa fece da vera Mamma alla mia Divina Volontà, facendo insieme da vera Madre alle creature, impetrando a tutti la vita, la felicità, la gioia di possedere il regno dell’Eterno Fiat.
Figlia mia, il numero di quaranta giorni nella mia vita quaggiù è simbolico e significativo.  Quaranta giorni, nel nascere, volli stare nella grotta di Bethlem, simbolo della mia Volontà Divina che mentre stava in mezzo alle creature, stava come nascosta e fuori della città delle loro anime;  ed Io per riparare i quaranta secoli di volontà umana, volli stare per quaranta giorni fuori della città in una vile capanna a piangere, gemere e pregare, per richiamare la mia Volontà Divina nella città delle anime e per darle il suo dominio.  Dopo quaranta giorni uscii per presentarmi al tempio e rivelarmi al santo vecchio Simeone.  Era la prima città che chiamavo alla conoscenza del Regno mio e fu tanta la sua gioia che chiuse gli occhi alla terra per aprirli all’eternità.  Quaranta stetti nel deserto e poi subito uscii alla mia vita pubblica per dare alle creature i rimedi e i mezzi per giungere al Regno del mio Volere.  Quaranta giorni volli stare sulla terra dopo la mia Risurrezione, per confermare il Regno del Fiat Divino ed i suoi quaranta secoli di Regno che doveva possedere.
Sicché tutto ciò che Io feci quaggiù, il primo atto era il ripristinamento di Esso;  tutte le altre cose entravano nell’ordine secondario, ma il primo anello di congiunzione tra Me e le creature era il Regno della mia Volontà.  Perciò quando si tratta di Esso non risparmio nulla, né luce, né sacrifici, né manifestazioni, né felicità.  Sono muri che metto fuori di Me per farla conoscere, regnare ed amare”.

La Sovrana del Cielo, il riflettore di Gesù. 
Gradimenti di Gesù nel chiedere [l’anima,] il suo
Fiat
Gesù raccolse tutti i beni e consumò tutti i mali,
accese il rogo dentro di Sé.

Continuando a seguire gli atti di Gesù fatti nella sua Divina Volontà quando stava sulla terra, seguivo Madre e Figlio quando fuggirono in Egitto, e pensavo tra me:  “Come doveva essere bello vedere il caro Bambinello in braccio alla sua Mamma Divina, che mentre così Piccino, racchiudendo in Sé l’Eterno Fiat racchiudeva Cielo e terra, tutto da Lui usciva come Creatore e tutto da Lui pendeva;  e la Regina Sovrana trasfusa nel piccolo Gesù in virtù dello stesso Fiat che L’animava, formava il riflettore di Gesù, il suo eco, la sua stessa vita;  quante bellezze nascoste possedevano, quante varietà di Cieli più belli di quello che si vede nel nostro orizzonte, quanti soli più fulgidi contenevano!  Eppure nessuno ne vedeva nulla, non si vedeva altro che tre poveri fuggiaschi.  Gesù, Amor mio, voglio seguire passo passo, i passi della mia Mamma Celeste, e come cammina, voglio animare i fili dell’erba, gli atomi della terra, e farti sentire sotto alle sue piante il mio Ti amo;  voglio animare tutta la luce del sole, e come Ti splende sul viso, voglio che Ti porti il mio Ti amo;  tutte le ondate del vento, le sue carezze, tutte Ti dicono Ti amo;  son io che nel tuo Fiat Ti porto il calore del sole per riscaldarti, le ondate di vento per carezzarti, il suo sibilo per parlarti e dirti:  ‘Caro Piccino, fate conoscere a tutti il tuo Voler Divino, fatelo uscire da dentro la tua piccola Umanità, affinché prenda il suo dominio e vi formi il suo Regno in mezzo alle creature”.  Ma mentre la mia mente si perdeva appresso a Gesù, e sarei troppo lunga se il tutto volessi dire, il mio sommo ed unico Bene Gesù Si è mosso nel mio interno e tutto bontà mi ha detto:
“Figlia mia, Io e la Mamma mia eravamo come due gemelli nati dallo stesso parto, perché non tenevamo che una sola Volontà che Ci dava la vita;  il Fiat Divino metteva in comune gli atti nostri in modo che il Figlio rifletta in Lei e la Mamma rifletteva nel Figlio.  Sicché il Regno della Volontà Divina teneva il suo pieno vigore, il suo dominio perfetto in Noi;  e mentre fuggivamo in Egitto portavamo il Volere Divino come passeggiando per quelle regioni e sentivamo il suo gran dolore che non regnava nelle creature, e guardando i secoli sentivamo la grande gioia del suo Regno che doveva formare in mezzo ad esse;  ed oh, come Ci giungevano graditi sulle ali del nostro Fiat i tuoi ripetuti ritornelli nel vento, nel sole, nell’acqua, sotto i nostri passi:  ‘Ti amo, Ti amo, venga il Regno tuo’.  Era l’eco nostro che sentivamo in te, che non volevamo altro che la Volontà Divina regnasse e fosse la conquistatrice di tutti.  Perciò fin d’allora amavamo la nostra piccola piccina che non chiedeva e voleva se non ciò che volevamo Noi”.
Onde seguitavo a pensare a tutto ciò che il mio dolce Gesù aveva fatto stando sulla terra, e Lui ha soggiunto:
“Figlia mia, quando venni sulla terra Io guardai tutti i secoli passati, presenti e futuri, per raccogliere nella mia Umanità tutto ciò che di bene e di buono si potesse fare da tutte le generazioni, per mettere il suggello e la conferma del bene;  nulla distrussi di ciò ch’era buono, anzi lo volli racchiudere in Me per dargli vita divina;  ed aggiungendo il bene che mancava e che Io feci per completare tutti i beni delle umane creature, sulle ali dei secoli Mi portavo alle umane creature, per dare a ciascuna il mio operato completo;  come pure raccolsi tutti i mali per consumarli, ed a forza di dolori e pene che volli soffrire, accesi il rogo nella mia stessa Umanità dove bruciare tutti i mali, volendone sentire ciascuna pena, per far rinascere tutti i beni opposti ai mali, per far rinascere a vita novella le umane generazioni.
E siccome Io, per formare tutti i rimedi possibili ed immaginabili a tutti i redenti, per poi disporli a ricevere il gran bene della mia Volontà regnante in mezzo a loro, feci tutto, soffrii tutto e consumai tutto, così tu per preparare il mio Regno alle creature devi racchiudere tutto ciò ch’è santo e buono, ed a via di pene devi consumare tutti i mali per far rinascere la vita della mia Volontà Divina in mezzo alle creature.  Tu devi essere il mio eco, in cui devo fare il deposito da dove deve sorgere il Regno del mio Fiat.  Seguimi passo passo e sentirai la vita, il palpito, la felicità di questo Regno che contengo in Me e che vuole uscire per regnare in mezzo alle creature.  Ed è tanto l’amore mio per Esso, che se permisi al nemico infernale che penetrasse nell’Eden, non permetterò che metta piede nell’Eden del Regno del Fiat; e perciò permisi che si avvicinasse a Me nel deserto, per debilitarlo e mettergli la via perché non ardisse d’entrarvi.  Non senti tu stessa come la tua presenza terrorizza il nemico e si mette in fuga per non vederti?  È la forza della mia vittoria che lo precipita e sentendosi confuso, fugge.
Tutto è preparato, non resta altro che farlo conoscere”.
   
Tutto ciò che si fa nel Fiat acquista l’atto continuato senza mai cessare.  Esempio del sole.  Scopo
dell’andata di Gesù nel deserto
;  pene dell’isolamento.

Stavo pregando e, sentendo la mia estrema miseria, pregavo la mia Mamma Celeste che mi desse il suo amore per supplire al mio misero amore;  ma mentre ciò facevo, il mio dolce Gesù movendosi nel mio interno mi ha detto:
“Figlia mia, la mia Mamma, il primo amore ed il primo suo atto lo fece nel Voler Divino, e siccome fu fatto in Esso tiene la continuità, come se in atto sta sempre amando ed operando.  Il suo amore non finisce mai, le sue opere fanno le ripetitrici continuate, in modo che chi vuol prendere il suo amore lo trova sempre in atto, mentre è l’effetto del primo amore che ripete, ripete sempre.  Tale è chi opera nella mia Volontà:  i suoi atti acquistano la continuità, vengono sempre ripetuti senza mai cessare, sono il vero sole, che dacché fu creato da Dio diede il suo primo atto di luce, ma tanto grande che riempì con un sol atto cielo e terra, e quest’atto lo ripete sempre senza mai cessare, in modo che tutti possono prendere il suo atto di luce, ma uno fu l’atto che si costituiva atto di luce perenne per tutti.  E se il sole potesse ripetere il suo atto di luce, si vedrebbero tanti soli [per] quanti atti potrebbe ripetere;  ma siccome uno fu l’atto di luce che feci[3], perciò un sol sole si vede e non più.  Ma ciò che non fece il sole lo fece la Sovrana Regina e lo fa chi opera nella mia Volontà:  quanti atti, tanti soli;  e questi soli fusi insieme, ma distinti tra loro per bellezza, per luce, per gloria che danno al loro Creatore e per [il] bene universale che fanno scendere su tutte le creature.  Questi atti hanno una potenza divina, ed in virtù di questi atti, come giunse la Vergine Santissima, poté ottenere la venuta del Verbo sulla terra, ed in virtù di essi verrà il mio Regno sulla terra.  Un atto ripetuto incessantemente nel mio Fiat tiene presso la nostra Divinità virtù conquistatrice, rapitrice ed incantatrice.  Quel ripetere sempre nel Voler Divino è la forza dell’anima, l’arma invincibile che debilita con armi d’amore il suo Creatore e lo vince e si sente onorato di farsi vincere dalla creatura”.
Dopo di ciò stavo seguendo il mio giro nel Fiat Divino e, seguendo il mio Gesù quando prese la via del deserto, pensavo tra me:  “E perché Gesù prese la via del deserto?  Qui non c’erano anime da convertire, ma solitudine profonda, mentre erano anime che Lui cercava!”  Ma mentre ciò pensavo, il mio dolce Gesù movendosi nel mio interno mi ha detto:
“Figlia mia, la compagnia spezza la pena e la diminuisce, invece l’isolamento la concentra, la raddoppia e la rincrudisce, ed Io volli andare isolato nel deserto, per sentire nella mia Umanità tutta la crudezza dell’isolamento che aveva sofferto la mia Divina Volontà per tanti secoli da parte delle creature.  La mia Umanità doveva salire nell’ordine divino e scendere nell’ordine umano per poter racchiudere le pene dell’uno e dell’altro e prendendo Io tutta la parte penosa che divideva l’uomo e Dio, farli stringere di nuovo all’amplesso, al bacio del loro Creatore.
Ma non fu solo questo lo scopo della mia andata nel deserto.  Tu devi sapere che la nostra Maestà adorabile nel formare la Creazione, stabiliva che tutto doveva essere popolato di abitatori, la terra fertilissima, ricca di piante abbondanti in modo che tutti dovevano abbondare.  Come peccò, l’uomo si attirò lo sdegno della Giustizia divina e la terra rimase desertata, infeconda ed in molti punti spopolata:  immagine di quelle famiglie sterili che[4] non c’è riso né festa né armonia, perché senza prole non vi è chi spezza la monotonia di due coniugi e sull’animo loro pesa l’incubo dell’isolamento che porta loro la mestizia.  Invece dove c’è prole c’è sempre da fare, da dire ed occasione di festeggiare.
Tale fu la famiglia umana.  Guarda il cielo com’è popolato di stelle;  la terra doveva essere l’eco del cielo, zeppa d’abitatori, e doveva tanto produrre da rendere ricchi e tutti felici.  Quindi, come l’uomo si sottrasse dalla mia Volontà cambiarono le sue sorti;  ed Io volli andare nel deserto per richiamare le benedizioni del mio Padre Celeste e, richiamando la mia Volontà a regnare, ripristinare la terra, popolarla ovunque e fecondarla, in modo che la terra produrrà altri germi più belli, da renderla centuplicata, più feconda e di smagliante bellezza.
Quante cose grandi farà il Regno del mio Fiat Divino!  Tanto che tutti gli elementi stanno tutti in aspettativa - il sole, il vento, il mare, la terra e tutta la Creazione - per mettere fuori dal loro seno tutti i beni ed effetti che contengono, perché, non regnando in mezzo alle creature quella Divina Volontà che domina, loro non mettono fuori tutti i beni che racchiudono in essi, dandole[5] solo quello che conviene loro, a titolo di elemosina e di servi.  Sicché la terra non ha prodotto tutti i germi, [ed] il sole non trovando tutti i germi, non produce tutti gli effetti e beni che possiede;  e così di tutto il resto.  Perciò tutti aspettano il Regno del Fiat, per far vedere a questi[6] quanto sono ricchi e quante mirabili cose ha messo in esse[7] il loro Creatore per amore di coloro che devono essere i figli del suo Volere”.


La mia vita si svolge innanzi al mio Sacramentato Gesù, ed oh, quanti pensieri si affollano nella mia mente!  Pensavo tra me:  “Dopo quarant’anni e mesi che non avevo visto il Tabernacolo, che non mi era stato dato di starmi innanzi alla sua adorabile presenza Sacramentale, quarant’anni non solo di prigione, ma d’esilio, e dopo sì lungo esilio finalmente son ritornata, sebbene prigioniera, ma non più esiliata, come in Patria, vicino al mio Sacramentato Gesù, e non una volta al giorno come lo facevo prima che Gesù mi facesse prigioniera, ma sempre, sempre.  Il mio povero cuore, se pure l’ho nel petto, si sente struggere a tanto amore di Gesù”.  Ma mentre [ciò] ed altro pensavo, il mio Sommo Bene Gesù movendosi nel mio interno mi ha detto:
“Figlia mia, credi tu che sia a caso l’averti tenuta prigioniera per quarant’anni e più, senza un grande mio disegno?  No, no!  Il numero quaranta è stato sempre significativo, e preparativo per opere grandi.  Quarant’anni gli ebrei camminarono il deserto senza poter raggiungere la terra promessa, patria loro, ma dopo quarant’anni di sacrifizi ebbero il bene di prenderne il possesso. Ma quanti miracoli, quante grazie, fino a nutrirli con manna celeste, in tal tempo!  Un sacrifizio prolungato tiene virtù e forza d’ottenere cose grandi da Dio.  Io stesso nella mia vita quaggiù volli stare quaranta giorni nel deserto appartato da tutti, fin dalla mia Mamma, per uscire in pubblico ad annunziare il Vangelo che doveva formare la vita della mia Chiesa, cioè il Regno della Redenzione;  quaranta giorni volli rimanere risorto per confermare la mia Resurrezione e mettere il suggello a tutti i beni della Redenzione.  Così ho voluto per te, figlia mia;  per manifestare il Regno della mia Divina Volontà ho voluto quarant’anni di sacrifizi, ma quante grazie non ti ho fatto!  quante manifestazioni!  Posso dire che in questa prolissità di tempo ho messo in te tutto il capitale del Regno del mio Volere e tutto ciò ch’è necessario per farlo comprendere alle creature.  Sicché la tua lunga prigionia è stata l’arma continua, sempre in atto di combattere con il tuo stesso Creatore, per farti manifestare il Regno mio.
Ora tu devi sapere che tutto ciò che ho manifestato all’anima tua, le grazie che ti ho fatto, le tante Verità che hai scritto sulla mia Divina Volontà, le tue pene e tutto ciò che hai fatto, non è stato altro che una raccolta di materiali per edificare, ed ora è necessario ordinarlo e metterlo tutto in assesto.  E come non ti ho lasciata sola nel raccogliere le cose necessarie che devono servire al Regno mio, sono stato sempre con te, così non ti lascerò sola per metterle in ordine e far vedere il grande edifizio che per tanti anni sono stato [andato] preparando insieme con te;  perciò il nostro sacrifizio e lavoro non è finito, dobbiamo andare avanti fino ad opera compiuta”.
Onde stando vicino al mio Sacramentato Gesù, ogni mattina si fa la benedizione col Santissimo, e mentre pregavo il mio dolce Gesù che mi benedicesse, movendosi nel mio interno mi ha detto:
“Figlia mia, di tutto cuore ti benedico, anzi benedico la mia stessa Volontà in te, benedico i tuoi pensieri, respiri e palpiti, affinché pensi sempre al mio Volere, Lo respiri continuamente e sia il tuo palpito la sola mia Volontà; e per amor tuo benedico tutte le umane volontà, affinché si dispongano a ricevere la vita del mio Eterno Volere.  Figlia mia carissima, se tu sapessi com’è dolce, come Mi sento felice di benedire la piccola figlia del mio Volere!  Il mio Cuore gioisce nel benedire colei che possiede l’origine, la vita del nostro Fiat, che porterà l’inizio, il principio del Regno della mia Divina Volontà.  E mentre ti benedico, verso in te la rugiada benefica della luce del mio Volere Divino, che brillantandoti tutta ti farà comparire più bella ai miei sguardi Sacramentali;  ed Io Mi sentirò più felice in questa custodia, di guardare la piccola figlia mia prigioniera, investita e legata dalle dolci catene della mia Volontà.  Ed ogni volta che ti benedirò farò crescere la vita del mio Volere Divino in te.  Com’è bella la compagnia di chi fa la mia Divina Volontà!  Essa porta l’eco nel fondo dell’anima, di tutto ciò che faccio in quest’Ostia Santa, ed Io non Mi sento solo negli atti miei, sento chi prega insieme con Me, ed unendosi insieme le nostre suppliche, i nostri sospiri, chiediamo una sol cosa:  che la Divina Volontà sia conosciuta e che venga presto il suo Regno”.
Dunque svolgendosi la mia vita vicino al mio Prigioniero Gesù, ogni qualvolta si apre la porta della cappella, il che succede spesso, gli mando tre baci, o pure cinque al mio Sacramentato Gesù, o pure una piccola visitina, e Lui movendosi nel mio interno mi dice:
“Figlia mia, come Mi son graditi i tuoi baci!  Sento baciarmi da te coi baci del mio stesso Volere, sento scoccarmi sulle mie labbra, sul mio Volto, nelle mie mani e Cuore i miei stessi baci divini;  tutto è divino nell’anima dove regna la mia Divina Volontà, ed Io sento negli atti tuoi il mio amore che Mi refrigera, la freschezza, la soavità della mia stessa Volontà Divina che Mi abbraccia, Mi bacia e Mi ama.  Oh, come Mi è gradita la mia Divina Volontà operante nella creatura!  Sento che, bilocandomi in lei, Mi ridà e sfiora innanzi a Me tutta la bellezza e santità degli atti miei. Perciò sospiro tanto che la mia Volontà sia conosciuta, per poter trovare nelle creature tutti i miei atti divini e degni di Me”.
Ora passo a dire che il mio dolce Gesù pare che mi aspettava qui in questa casa, vicino al suo Tabernacolo d’amore, per dar principio [a] che i sacerdoti si decidessero a preparare gli scritti per la pubblicazione.  E mentre si consigliavano tra loro il modo come fare, leggevano i nove eccessi di Gesù che ebbe nell’Incarnazione, che sono narrati nel primo volumetto dei miei scritti.  Ora mentre leggevano, Gesù nel mio interno tendeva le orecchie per ascoltare, e mi sembrava che lo stesso facesse Gesù nel Tabernacolo.  In ogni parola che sentiva, il suo Cuore batteva più forte, ed in ogni eccesso del suo amore aveva un sussulto più forte ancora, come se la forza del suo amore gli facesse ripetere tutti quegli eccessi che ebbe nell’Incarnazione;  e come se non potesse contenere le sue fiamme mi ha detto:
“Figlia mia, tutto ciò che ti ho detto, tanto sulla mia Incarnazione quanto sulla mia Divina Volontà, ed altro, non sono stato altro che sfogo del mio amore contenuto, ma dopo aver sfogato con te, il mio amore continuò a restare represso, perché voleva alzare più alte le sue fiamme per investire tutti i cuori e far conoscere ciò che ho fatto e voglio fare, per le creature.  E siccome tutto ciò che ti ho detto giace nel nascondimento, Io sento un incubo sul mio Cuore che Mi comprime ed impedisce che le mie fiamme s’innalzano e facciano la loro via.  Perciò come sentivo leggere e prendere la decisione d’occuparsi per pubblicarli, Mi sentivo togliere l’incubo e sollevare il peso che comprimono le fiamme del mio Cuore;  perciò batteva più forte e sussultavo e faceva sentire a te la ripetizione di tutti quegli eccessi d’amore, molto più che ciò che Io faccio una volta ripeto sempre.  Il mio amore represso è una pena per Me delle più grandi, che Mi rende taciturno e mesto, perché non avendo vita le mie prime fiamme, non posso uscire fuori le altre che Mi divorano e Mi consumano.  E perciò a quei sacerdoti che si vogliono occupare a togliermi questo incubo col far conoscere i tanti miei segreti col pubblicarli, Io darò loro tanta grazia sorprendente, forza per farlo, e luce per conoscere loro per primi ciò che faranno conoscere agli altri.  Io starò in mezzo a loro e guiderò il tutto”.
Ora mi pare che ogni qualvolta i reverendi sacerdoti si occupano a rivedere gli scritti per prepararli, il mio dolce Gesù si mette sull’attenti per vedere quello che fanno, e come lo fanno.  Io non faccio altro che ammirare la bontà, l’amore del mio amato Gesù, che mentre si mette sull’attenti nel mio cuore, fa eco nel Tabernacolo, e da lì dentro in quella custodia fa ciò che fa nel mio cuore.  Io ne resto tutta confusa nel veder ciò e Lo ringrazio con tutto il cuore...
                              

La mia piccola intelligenza me la sentivo come rapire e come trasportare a guardare nel grembo della mia Mamma Celeste il mio piccolo Neonato Gesù, che ora piange ed ora vagisce, ed ora tutto intirizzito trema di freddo, ed oh, come la piccola anima mia vorrebbe sciogliersi in amore per riscaldarlo e per quietargli il pianto!  Ma il mio celeste e vezzoso Bambinello chiamandomi vicino nelle braccia della sua Mamma mi ha detto:
“Mia figlia del Divin Volere, vieni ad ascoltare le mie lezioni.  Nello scendere dal Cielo in terra per formare la Redenzione, dovevo formare il nuovo Eden, dovevo ripristinare il primo atto ed il principio della Creazione dell’uomo nella mia Umanità.  Sicché Bethlem fu il primo Eden;  Io sentivo nella mia piccola Umanità tutta la forza della nostra Potenza creatrice, la foga del nostro Amore con cui fu creato l’uomo, sentivo le fibre della sua innocenza, della sua santità, del suo dominio con cui lui era investito.  Sentivo in Me quell’uomo felice - oh, come l’amavo! -, ché avendo perduto il suo posto d’onore, Io riprendevo il suo posto, perché Mi conveniva prima mettere in Me l’ordine del come fu creato l’uomo, e poi scendere nella sua sventura per rialzarlo e metterlo in salvo.  Perciò c’erano in Me due atti continuati, fusi in uno:  l’Eden felice con cui dovevo mettere in vigore tutta la bellezza, la santità, la sublimità della creazione dell’uomo;  era lui innocente e santo, ed Io sorpassandolo non solo ero innocente e santo, ma ero il Verbo Eterno, e tenendo in Me tutta la potenza possibile ed immaginabile e Volontà immutabile, dovevo tutto riordinare il principio della creazione dell’uomo e rialzare l’uomo caduto.  Altrimenti non la farei da Dio, né l’amerei come opera nostra uscita e creata in una foga del nostro Amore!  Il nostro Amore si sentirebbe arrestato e come impotente - ciò che non può essere -, se non avessi tutto aggiustato:  la sorte dell’uomo caduto e la sorte del come fu lui creato.  Sarebbe stata uno sfregio alla nostra Creazione e Ci avrebbero tacciato di debolezza se non avessimo ripristinato del tutto l’uomo.  Perciò Bethlem fu il mio primo Eden, in cui facevo ed abbracciavo tutti gli atti che fece Adamo innocente e che avrebbe fatto se non fosse caduto;  la nostra Divinità aspettava con giustizia il mio ricambio in vece sua, e come andavo rifacendo quello che avrebbe fatto l’Adamo innocente, così Mi abbassavo e stendevo la mia mano per rialzarlo caduto.
Quindi [nel]la mia Umanità non facevo altro che, come giravo e Mi fermavo, [Io] formavo nuovi Eden, perché in Me c’erano tutti gli atti del principio della creazione dell’uomo, e dovunque Mi fermavo potevo formare nuovi Eden colla mia innocenza e santità.  Sicché Eden fu l’Egitto, Eden fu Nazareth, Eden fu il deserto, Eden fu Gerusalemme, Eden fu il monte Calvario.  E questi Eden che formavo chiamavano il Regno della mia Divina Volontà a regnare, e sono essi prove certe che come compii il Regno della Redenzione e sta facendo il suo giro per stabilirsi in tutto il mondo, così questi Eden in cui furono fatti da Me tutti gli atti, come se l’uomo non fosse caduto, seguiranno gli atti della Redenzione e faranno il loro giro per stabilire il Regno del mio Fiat Divino.  Perciò ti voglio sempre insieme con Me affinché Mi segui in tutti gli atti miei e tutto offri per fare che la mia Divina Volontà regni e domini, perché questo è quello che più interessa al tuo Gesù”.
Poi ha soggiunto:  “Figlia mia, la mia Volontà agiva in Me da Regina, perché realmente sempre tale è stata, perché Essa in natura è Regina;  nella nostra stessa Divinità tiene il primo posto, regge e domina tutti i nostri Attributi, non vi è atto nostro nel quale non vi tiene il suo posto di Regina.  Sicché Regina è in Cielo e in terra, nella Creazione, in tutto e dovunque regna.  Perciò il volere che l’uomo facesse la nostra Volontà Divina e che Le desse il posto di Regina, era l’onore più grande e l’amor più insuperabile che gli davamo[8], e regnando una sola Volontà lo facevamo sedere alla nostra mensa celeste, partecipandole i nostri beni divini.  Lo volevamo felice, e volevamo la gloria di veder felice colui che con tanto amore avevamo creato colle nostre mani creatrici.  Onde il nostro Voler Divino ed il nostro Amore non poteva né contentarsi né arrestarsi alla sola opera della Redenzione, ma vuole andare avanti fino ad opera compiuta;  molto più che non sappiamo fare opere a metà, ed avendo i secoli a nostra disposizione possiamo giungere dove vogliamo”.
Fiat!!! 

Dal Volume 29  -  Settembre 12, 1931
Il vero amore forma il rogo dove
consumare se stessa per far rivivere Colui che ama. 
La giornata di Gesù nell’Eucaristia.

Il mio abbandono nel Voler Divino continua, e mentre facevo i miei atti pensavo tra me:  “Ma sarà vero che il mio dolce Gesù gradisce la continuità dei miei piccoli atti?”  E Gesù, facendosi sentire, mi ha detto:
“Figlia mia, un amore spezzato non può dare mai d’eroismo perché, col non essere continuo forma tanti vuoti nella creatura, i quali producono debolezza, freddezza e quasi stanno in atto di smorzare la fiammella accesa, e perciò le toglie la fortezza dell’amore che, colla sua luce fa comprendere chi è che ama e col suo calore mantiene accesa la fiamma che produce l’eroismo del vero amore, tanto che si sente di dar la vita per Colui che ama.  Un amore continuo ha virtù di generare nell’anima della creatura Colui che sempre ama, e questa generazione viene formata nel centro del suo amore continuo.  Vedi dunque che significa un amore incessante?  Formarsi il rogo dove consumare e bruciare se stessa, per poter formare in quel rogo la vita del tuo amato Gesù.  Si può dire:  ‘Nell’amore continuo consumo la mia vita, per far vivere Colui che incessantemente amo’.  Oh, se Io non avessi sempre amato la creatura e non l’amassi d’un amore che non dice mai basta, mai sarei sceso dal Cielo in terra per darle la mia Vita con tante pene ed eroismo per amor suo!  Fu il mio amore continuo che come dolce catena Mi tirò e Mi fece fare l’atto eroico di mettere la mia Vita per acquistare la sua.  Un amore continuo, a tutto può giungere, tutto può fare, facilita tutto e sa convertire tutto in amore.  Invece un amore spezzato si può chiamare:  amore di circostanza, amore interessato, amore vile, che può giungere, se le circostanze cambiano, a disconoscere e forse anche a disprezzare Colui che amava.  Molto più che solo gli atti continui formano vita nella creatura;  essa, come forma il suo atto, sorge nel suo stesso atto la luce, l’amore, la santità, la grazia, a secondo [del]l’atto che fa.  Perciò un amore ed un benessere interrotto non si può chiamare né vero amore, né vera vita, né vero bene”.
Poi ha soggiunto con un accento più tenero:  “Figlia mia, se vuoi che il tuo Gesù compia in te i suoi amorosi disegni, fa’ che il tuo amore ed i tuoi atti siano continui nel mio Volere, perché Esso quando trova la continuità, trova il suo modo d’agire divino e resta compromesso nell’atto perenne della creatura, ed affretta di fare ciò che ha stabilito per essa, trovando, in virtù dei suoi atti incessanti, lo spazio, i preparativi necessari e la stessa vita dove poter formare i suoi mirabili disegni e compiere le sue opere più belle.  Molto più:  ogni atto fatto nella mia Volontà è un rannodamento di più che viene formato tra la Volontà Divina coll’umana, è un passo in più che [la creatura] fa nel mare del Fiat, è un diritto maggiore che l’anima acquista”.
Dopo di ciò seguivo [continuavo] a pregare avanti al Tabernacolo d’amore e nel mio interno dicevo tra me:  “Che fai, Amor mio, in questa Prigione d’amore?”  E Gesù, tutto bontà, mi ha detto:
“Figlia mia, vuoi sapere che faccio?  Faccio la mia giornata.  Tu devi sapere che tutta la mia vita passata quaggiù, la racchiudo dentro d’un giorno.  Incomincio la mia giornata col concepire e nascere - i veli degli accidenti sacramentali Mi servono di fasce per la mia infantile età - e, quando [per] l’ingratitudine umana Mi lasciano solo o cercano d’offendermi, faccio il mio esilio, lasciandomi [tenendomi] solo la compagnia di qualche anima amante che, come seconda madre, non si sa staccare da Me e Mi tiene fedele compagnia.  Dall’esilio, passo a Nazareth, facendo la mia vita nascosta in compagnia di quei pochi buoni che Mi circondano;  e, seguendo [continuando] la mia giornata, come le creature si avvicinano a ricevermi, così faccio la mia vita pubblica, ripetendo le mie scene evangeliche, porgendo a ciascuno i miei insegnamenti, gli aiuti, i conforti che gli sono necessari:  faccio da Padre, da Maestro, da Medico e, se occorre, anche da Giudice.  Quindi, passo la mia giornata aspettando tutti e facendo bene a tutti.  Ed, oh, quante volte Mi tocca restare solo!  Senza un cuore che palpiti a Me vicino sento un deserto intorno a Me e resto solo solo a pregare;  sento la solitudine dei miei giorni che passai nel deserto quaggiù ed, oh, quanto Mi è doloroso!  Io che sono per tutti palpito in ogni cuore [e] geloso sto a guardia di tutti, sentirmi isolato ed abbandonato!   Ma la mia giornata non finisce col solo abbandono!  Non vi è giorno che anime ingrate non Mi offendano e Mi ricevano sacrilegamente e Mi fanno [facciano] compire [concludere] la mia giornata colla mia Passione e colla mia Morte di croce!  Ahi!  E’, il sacrilegio, la morte più spietata che ricevo in questo Sacramento d’amore!  Sicché, in questo Tabernacolo faccio la mia giornata col compire tutto ciò che compii nei trentatré anni della mia vita mortale.  E siccome tutto ciò che Io feci e faccio, il primo scopo, il primo atto di vita, è la Volontà del Padre mio, che si faccia come in Cielo così in terra, così, in questa piccola Ostia non faccio altro che implorare che una sia la mia Volontà coi figli miei;  e chiamo te in questa Divina Volontà, nella Quale trovi tutta la mia Vita in atto,  e tu, seguendola, ruminandola ed offrendola, ti unisci con Me nella mia giornata Eucaristica per ottenere che la mia Volontà si conosca e regni sulla terra.  E così anche tu potrai dire:  ‘Faccio la mia giornata insieme con Gesù’”.
          

La mia povera intelligenza seguiva la vita del mio dolce Gesù nella Divina Volontà, nella quale lo trovavo in atto di continuare la sua vita quando stava sulla terra, ed oh, quante maraviglie, quante sorprese d’amore non mai pensate!  Sicché il Fiat Divino racchiude tutti gli atti della vita di Gesù come in atto di ripeterli sempre per amore delle creature, per dare a ciascuna la sua vita intera, le sue pene, il suo amore ardente.  Onde il mio dolce Gesù tutto bontà mi ha detto:
“Mia piccola figlia del mio Volere, il mio Amore vuole sfogarsi, sente il bisogno di far conoscere, a chi vuol vivere di mia Volontà, ciò che Io feci e faccio, perché ritorni a regnare e dominare in mezzo alle creature.  Tu devi sapere che tutta la mia vita non fu altro che il richiamo continuo della mia Volontà in mezzo ad esse ed il richiamo delle creature nel mio Fiat Supremo;  tanto che come fui concepito, così simboleggiavo il richiamo, il ritorno di farla concepire nelle creature che con tanta enormità L’avevano messa fuori dalle loro anime, e richiamavo loro a concepire in Essa.  Come nacqui, così richiamavo a rinascere il mio Volere in tutte le opere umane;  in tutte le mie lacrime infantili, vagiti, preghiere e sospiri, richiamavo, con le mie lacrime e sospiri, la mia Volontà nelle lacrime, pene e sospiri delle creature, affinché nulla facessero che non sentissero la forza, l’impero della mia Volontà che regnassero in loro, la Quale impietosita dalle lacrime mie e delle loro, li avrebbe dato grazia del ritorno del suo Regno.
Anche il mio esilio simboleggiava come le creature si erano esiliate dal mio Volere, ed Io volli essere esiliato per richiamare la mia Volontà in mezzo ai poveri esiliati, affinché li richiamasse e convertisse l’esilio in Patria, dove non più sarebbero tiranneggiati da nemici, da gente straniera, da vili passioni, ma [vivessero] colla pienezza dei beni della mia Volontà.  Ed il mio ritorno in Nazareth, come simboleggia bene la mia Divina Volontà!  Io vivevo in essa nascosto.  Il suo[9] regnare stava in pieno vigore nella Sacra Famiglia:  ero il Verbo, la Volontà Divina in persona velata dalla mia Umanità!  Quella stessa Volontà che regnava in Me si diffondeva a tutti, li abbracciava, era moto e vita di ciascuno.  Io sentivo in Me il moto e la vita di ciascuno, di cui il mio Fiat era l’Attore;  qual pena, qual dolore nel non essere riconosciuto né riscuotere un grazie, un Ti amo, un atto di riconoscenza né dal mondo intero né dalla stessa Nazareth!  Ché non solo la mia Volontà, ma anche la mia Santa Umanità viveva in mezzo a loro, la quale non cessava di dar luce a chi potesse vedermi ed avvicinarsi a Me, per farmi conoscere, ma nel mio dolore rimanevo sempre il Dio nascosto.
Tal è la sorte del mio Voler Divino.  L’uomo fu creato colla forza creatrice del Fiat, nacque, fu impastato, inzuppato in Esso, gli somministra il moto continuo, il calore, la vita, finirà la sua vita nel Fiat;  eppure chi lo conosce?  chi è riconoscente di quest’atto divino così continuo, senza mai stancarsi, che con tanto amore involge la vita della creatura per darle vita?  Quasi nessuno, figlia mia.  Far del bene, essere causa primaria di conservazione e dar vita perenne alla creatura, mantenere l’ordine di tutte le cose create intorno ad essa e solo per essa e non essere riconosciuto, è il dolore dei dolori, e la pazienza della mia Volontà dà dell’incredibile.  Ma sai tu il perché di questa pazienza così invitta e costante?  Perché sa che verrà il suo Regno.  Sarà riconosciuta la sua vita palpitante in mezzo alle creature, ed in vista della grande gloria che riceverà nell’essere riconosciuta ch’è vita di ciascuna vita - e mentre è vita, riceverà ciascuna vita per regnare in esse, non starà più nascosta, ma svelata e riconosciuta - in vista di ciò, sopporta tanta sconoscenza, e che solo una pazienza divina potrebbe sopportare la prolissità di tanti secoli di tanta ingratitudine umana!
Da Nazareth passai al deserto dove c’era massima solitudine e, la maggior parte, animali feroci, che assordavano il deserto coi loro ruggiti, che Mi circondavano;  simbolo della mia Divina Volontà che, siccome non viene conosciuta, si forma il deserto intorno alla creatura ed una solitudine che fa orrore e spavento:  viene desertato il bene e l’anima si sente circondata più che da animali feroci, cioè le sue passioni brutali che mandano ruggiti di rabbia, di bestiali furori, di crudeltà, d’ogni sorta di mali.  La mia Santa Umanità andava passo passo rintracciando tutti i dolori che aveva sofferto la mia Divina Volontà, per ripararla e richiamarla di nuovo a regnare in mezzo alle creature.  Posso dire che ogni mio palpito, respiro, parola, passo e pena, era il richiamo continuo della mia Volontà a farsi conoscere dalle creature per farla regnare, e chiamava loro in Essa per far loro conoscere il gran bene, la santità, la felicità del vivere nel Fiat.
Dal deserto passai alla vita pubblica, in cui pochi furono coloro che Mi credettero che Io ero il Messia, specie i dotti quasi nessuno;  ed Io volli usare la mia potenza seminando miracoli per formarmi il popolo, affinché se non credessero alle mie parole credessero alla potenza dei miei miracoli.  Erano le mie industrie divine ed amorose, che a qualunque costo volevo farmi conoscere che fossi il loro Salvatore, perché se non Mi conoscevano non potrebbero[10] ricevere il bene della Redenzione;  quindi era necessario farmi conoscere per fare che la mia venuta sulla terra non fosse inutile per loro.  Oh, come la mia vita pubblica simboleggia il trionfo del Regno del mio Fiat in mezzo alle creature!  Ché con Verità sorprendenti Lo farò conoscere, e per avere l’intento farò miracoli e prodigi;  colla potenza del mio Volere richiamerò a vita i morti alla grazia, ripeterò il miracolo della Resurrezione di Lazzaro che, ad onta che hanno imputridito[11] nel male, resi cadaveri puzzolenti come Lazzaro, il mio Fiat li richiamerà a vita, farà cessare la puzza del peccato, li farà risorgere nel bene.  Insomma, userò tutte le mie industrie divine per fare dominare il mio Volere in mezzo alle genti.  Vedi dunque:  in ogni mia parola che dicevo ed in ogni miracolo che facevo, chiamavo la mia Volontà a regnare in mezzo ad esse, e chiamavo le genti a vivere in Essa.
Dalla vita pubblica passai alla Passione, simbolo della passione della mia Volontà, che per tanti secoli aveva sofferto tante volontà ribelli delle creature, che col non volersi sottomettere ad Essa avevano chiuso il Cielo, spezzate le comunicazioni col loro Creatore, e si erano rese infelici schiave del nemico infernale.  La mia Umanità lacerata, cercata a morte, crocifissa, rappresentava l’umanità infelice senza del mio Volere innanzi alla Divina Giustizia, ed in ogni pena chiamavo il mio Fiat a darsi il bacio di pace colle creature, per renderle felici, e chiamavo loro in Esso per far cessare la passione dolorosa alla mia Volontà.
Finalmente la morte, che maturò la mia Resurrezione, la quale chiamava tutte [le creature] a risorgere nel mio Fiat Divino;  ed oh come simboleggia al vivo la mia Resurrezione il Regno della mia Volontà!  La mia Umanità piagata, deformata, irriconoscibile, risorgeva sana, d’una bellezza incantevole, gloriosa e trionfante.  Essa preparava il trionfo, la gloria alla mia Volontà, chiamando tutti in Essa ed impetrando che tutti risorgessero nel mio Volere:  da morti vivi, da brutti belli, da infelici felici.  La mia Umanità risorta assicura il Regno alla mia Volontà sulla terra;  fu l’unico mio atto pieno di trionfo e di vittoria, e ciò Mi conveniva, perché non volevo partire per il Cielo se prima non avessi dato tutti gli aiuti alle creature per farle rientrare nel Regno del mio Volere, e tutta la gloria, l’onore, il trionfo al mio Fiat Supremo per farlo dominare e regnare.  Perciò unisciti con Me e fa’ che non ci sia atto che fai e pena che soffri, che non chiami la mia Volontà a prendere il suo posto regio e dominante, e da vincitore conquida tutti per farsi conoscere, amare e volere da tutti”.
                               
I Profeti;  il Regno della Redenzione e quello del Fiat 
si danno la mano.  Necessità che si conosca
ciò che riguarda il Regno della Divina Volontà. 
I Sacerdoti:  novelli Profeti del Regno del Fiat Divino.

Stavo seguendo il mio giro negli atti del Fiat Divino, e giunta al punto di accompagnare i Profeti quando il Voler Divino si manifestava a loro, il come, ed il quando, della venuta del futuro Redentore, ed i Profeti lo sospiravano con lacrime, preghiere e penitenze, ed io facendo mio tutto ciò che loro facevano, essendo tutto questo frutti dell’Eterno Fiat Divino, lo ferivo per impetrare il suo Regno sulla terra;  ma mentre ciò facevo, il mio dolce Gesù movendosi nel mio interno mi ha detto:
“Figlia mia, quando un bene è universale e che deve e può portare bene a tutti, è necessario che popoli interi e, se non in tutti in gran parte, sappiano il bene che devono ricevere, e con le preghiere, sospiri, desideri ed opere impetrino un tanto bene, in modo da restare primo concepito il bene che vogliono nelle menti, nei sospiri, nei desideri, nelle opere e fin nei cuori, e poi le vien dato in realtà il bene che sospiravano.  Quando un bene è universale che si deve ricevere, ci vuole la forza del popolo per impetrarlo, invece quando è individuale o locale può bastare uno per ottenere l’intento.  Quindi prima di venire sulla terra e di restare concepito nel seno della Sovrana del Cielo, posso dire ch’ero concepito nelle menti dei Profeti, ed Io confermavo ed avvaloravo questa specie di concepimento in loro, colle mie manifestazioni del quando e del come dovevo venire sulla terra per redimere il genero umano.  Ed i Profeti fedeli esecutori delle mie manifestazioni, facevano da trombettieri, manifestando colle loro parole ai popoli ciò che Io avevo manifestato della mia venuta sulla terra e concependomi nelle parole di essi facevano volare di bocca in bocca la notizia che il Verbo voleva venire sulla terra, e con ciò, non solo restavo concepito nella parola dei profeti, come pure restavo concepito nella parola del popolo, in modo che tutti ne parlavano, e pregavano e sospiravano il futuro Redentore.  E quando fu diffuso nei popoli la notizia della mia venuta sulla terra, ed un popolo quasi intero con a capo i Profeti, pregavano, sospiravano con lacrime e penitenze restando nella volontà di essi come concepito, allora feci venire a vita la Regina in cui dovevo in realtà concepire, per fare l’ingresso in un popolo che da quaranta secoli Mi sospirava e desiderava.  Qual delitto non avrebbero commesso i Profeti se avessero occultato, nascosto in loro stessi, le mie manifestazioni sulla mia venuta!  Avrebbero impedito il mio concepimento nelle menti, nelle preghiere, parole ed opere del popolo, condizione necessaria per poter Iddio concedere un bene universale qual era la mia venuta sulla terra.
Ora figlia mia, il Regno della Redenzione ed il Regno del mio Fiat Divino si danno la mano, ed essendo anch'Esso un bene universale, ché volendo tutti possono entrare in Esso, è necessario che la sua notizia la sappiano molti e resti concepito nelle menti, nelle parole, nelle opere e cuori di molti, affinché si dispongano colle preghiere, coi desideri e con una vita più santa, si dispongano a ricevere il Regno della mia Divina Volontà in mezzo ad essi.  Se la notizia non si divulga, [se] le mie manifestazioni non fanno le trombettiere e [non] volano di bocca in bocca le conoscenze sul mio Fiat Divino che formeranno il concepimento di Esso nelle menti, preghiere, sospiri e desideri delle creature, il mio Voler Divino non farà l’ingresso trionfale di venire a regnare sulla terra.
Quanto è necessario che le conoscenze sul mio Fiat si conoscano, non solo, ma che si faccia conoscere che la mia Divina Volontà vuole già venire a regnare come in Cielo così in terra in mezzo alle creature!  Ed ai Sacerdoti come novelli Profeti, tocca a loro il compito, e colla parola, e collo scritto, e colle opere fare da trombettieri per far conoscere ciò che riguarda il mio Fiat Divino;  né sarà meno [minore] il loro delitto [che] se i Profeti avessero nascosto la mia Redenzione, [se i Sacerdoti] col non occuparsi per quanto possono [di] ciò che riguarda la mia Divina Volontà saranno loro [la] causa che un tanto bene non sia né conosciuto né ricevuto dalle creature!  E soffocare il Regno della mia Divina Volontà, tener sospeso un bene sì grande che non vi è altro simile ad esso, non è forse un delitto?  Perciò ti raccomando:  da parte tua non omettere nulla e prega per quelli che si devono occupare per far conoscere un tanto bene”.
Poi ha soggiunto con un accento più tenero ed afflitto:
“Figlia mia, era questo lo scopo con cui permettevo la necessità della venuta del Sacerdote, affinché tu deponessi in loro come sacro deposito tutte le Verità che ti ho detto sul mio Fiat Divino, e loro fossero attenti ed esecutori fedeli di ciò che io voglio, cioè che facciano conoscere il Regno della mia Divina Volontà;  sii certa che non avrei permesso la loro venuta se non fosse per compire i miei grandi disegni sulle sorti dell’umana famiglia.  E come nel Regno della Redenzione lasciai la mia Mamma Regina in mezzo agli Apostoli, affinché insieme con Lei ed aiutati e guidati da Essa, potessero dare il principio al Regno della Redenzione - perché la Sovrana Celeste ne sapeva più di tutti gli Apostoli, era la più interessata, si può dire che Lo teneva formato nel suo Materno Cuore, quindi poteva benissimo istruire gli Apostoli nei dubbi, nel modo, nelle circostanze;  era il vero sole in mezzo ad essi, bastava una sua parola per fare che i miei Apostoli si sentissero forti, illuminati e raffermati - così per il Regno del mio Fiat Divino, avendo messo in te il deposito di Esso, ti tengo ancor nell’esilio, affinché come novella madre potessero i Sacerdoti attingere da te ciò che può servire di luce, di guida, di aiuto per dar principio a far conoscere il Regno della mia Divina Volontà;  e vedendo il poco interessamento, se sapessi quanto ne soffro!  Perciò preghi, preghi”.



Da:  ‘Pio Pellegrinaggio dell’anima nell’Operato della Divina Volontà’:

Quindicesima  Ora
L’anima segue Gesù nel deserto e, fermandosi al Giordano,
Gli chiede il Battesimo salutare della Divina Volontà,
affinché tutti ricevano la sua Vita.

Mio Celeste e Sommo Bene, Ti voglio seguire dovunque.  Già vedo che stai per andare al deserto e per staccarti dalla Mamma alla quale dici:  “Addio, Madre;  Io Mi assento però Ti lascio il mio FIAT Divino per aiuto, per conforto, per Vita.  Esso servirà di mezzo di comunicazione fra Me e Te;  il mio Volere Ti renderà partecipe di ogni mio Atto, ed in tal modo Noi, benché lontani, rimarremo tanto uniti, da sentirci come una sola persona”.
Vita mia, Gesù, prendimi per mano e portami con Te, affinché nulla mi sfugga di quanto Tu farai, dacché io voglio tutto suggellare con l’impronta del mio amore.  Per chiederti il Regno della tua Volontà Divina sulla terra io Ti seguo passo passo, mentre cammini solo, col mio Ti amo, Ti adoro, Ti benedico, Ti ringrazio.  Ad ogni tuo respiro voglio farti aspirare l’alito del mio Ti amo, voglio rinchiudere in esso ogni tua parola e ad ogni tuo sguardo lo voglio offrire.  Mentre giungi al Giordano immergo in quelle acque il mio Ti amo;  così, non appena S. Giovanni le verserà sul tuo Capo per battezzarti, Tu sentirai scorrere in esse la piena del mio amore, che invoca per tutte le creature l’acqua battesimale della tua Volontà Divina e l’avvento del Regno suo.
Diletto, in quest’atto solenne del tuo Battesimo io Ti chiedo una grazia che Tu certo non mi negherai:  Ti prego cioè di purificare colle tue stesse sante mani la piccola anima mia mediante l’acqua vivificante e creatrice della tua Divina Volontà, affinché io nulla oda, nulla veda e nulla conosca, fuorché la sola vita del tuo FIAT.  Oh sì, Ti prego, fa’ che la mia esistenza non sia altro che un atto ininterrotto di tua Volontà!
Mio Gesù, dolce Amore, permetti che io Ti segua nel deserto:  ivi il mio Ti amo non Ti lascerà mai solo;  io rimarrò vicino a Te notte e giorno;  e quando Ti vedrò affannato, afflitto, spasimante d’amore, pregare e piangere per l’isolamento che subisce la tua Divina Volontà, allora Ti consolerò col grido del mio Ti amo!
Tu senti al vivo il dolore, non solo perché la tua Volontà Divina non regna fra le creature, ma perché venne posta da esse come al bando.  La tua Umanità Santissima perciò piange ed implora a nome di tutta l’umana famiglia che ambedue le volontà, Divina ed umane, si rappacifi­chino fra di loro e si fondano insieme.   O Gesù, io faccio mie le tue lacrime, le tue preghiere, m’impossesso degli spasimi dell’ardente tuo Cuore ed intrecciandoli col mio Ti amo, formo dolci catene d’amore, onde costringerti a concedermi il Regno della tua Divina Volontà sulla terra!  Senti, Vita mia, sono i tuoi stessi palpiti, i tuoi stessi sospiri, sono le tue lacrime, le tue preghiere e le tue pene che vogliono ed invocano il Regno del tuo FIAT.  Perciò, se non vuoi ascoltare me, ascolta almeno Te stesso ed uscendo dal deserto assicurami che presto verrà sulla terra il Regno del tuo Volere.
Mio Gesù, Cuore del mio cuore, ecco già esci dal deserto e con premura raggiungi la tua casa di Nazareth, ove l’amore della Mamma Celeste incessantemente Ti chiama ed attende.  Qual scena commovente è mai questa!  La Madre ed il Figlio, spinti da un mutuo ed estremo bisogno di rivedersi, si slanciano nelle braccia l'Uno dell’Altra.  O Gesù, anch’io voglio partecipare con la piccola fiamma del mio Ti amo ai vostri casti abbracci, ai vostri slanci, ai vostri incendii d’amore per chiedervi il Regno del Supremo Volere!  Mamma Santa, domanda anche Tu per me questa immensa grazia e prega perché la Divina Volontà sia conosciuta e regni come in Cielo così in terra.

Vieni, o Volere Supremo, a regnare sulla terra!
Investi tutte le generazioni!
Vinci e conquista tutti!

                                                                                                    (Vol, 35 – 20.11.1937) 


[1] mantenne
[2] che
[3]  fece
[4]  dove
[5]  dando alle creature
[6]  i figli del Divin Volere
[7]  cose create
[8]  all’uomo.
[9]  della Divina Volontà
[10]  potevano
[11]  hanno imputridito =   sono imputriditi

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